Tu sei qui: Cronaca"Aiutatemi a curare mio figlio"
Inserito da (admin), mercoledì 5 aprile 2006 00:00:00
Ogni giorno si procura piccole ferite al volto ed ai polsi: è il modo in cui Giancarlo Lamberti, 34 anni, esprime il disagio che vive. Quella malattia che ha colpito la sua psiche oggi rischia di ucciderlo. A lanciare un appello urgente è la madre, Giovanna Lamberti: «Non chiedo soldi, né l'elemosina. Voglio che a mio figlio venga data assistenza qualificata e che venga ospitato in una comunità dove possa lavorare e vivere insieme agli altri».
Giancarlo, affetto da una grave patologia psichiatrica, vive in un garage insieme alla madre ed al fratello. Si riparano dal freddo con i cartoni, perché la loro abitazione di via Zarrella, a Santa Lucia, è ormai ridotta ad un tugurio: mura e soffitti pericolanti, infiltrazioni d'acqua dappertutto. «Nel 1992 Giancarlo ha subito un tentativo di aggressione - racconta Giovanna Lamberti - da parte di 6 coetanei, che all'uscita della scuola hanno tentato di picchiarlo. A causa dello choc subito, dopo qualche mese mio figlio ha incominciato a manifestare segni di squilibrio. Ci siamo rivolti una prima volta al Centro di Pregiato, dove Giancarlo iniziò una serie di colloqui con psichiatri e psicologi».
Circa un anno dopo Giancarlo Lamberti fu ricoverato e sottoposto ad una terapia intensiva con psicofarmaci. «Dopo quel ricovero Giancarlo si è ripreso, ha concluso gli studi e si è diplomato geometra. Ha iniziato anche a lavorare in un'azienda di ceramiche». Un breve periodo di calma per la famiglia. Purtroppo, dopo poco iniziano le allucinazioni. «Fummo costretti a ricoverarlo nuovamente. Dopo un periodo di 40 giorni di preparazione presso il Centro di Pregiato, Giancarlo entrò in una struttura specializzata di Roma. Tutto a nostre spese. Ho accompagnato mio figlio addirittura da un professore che esercita a Parma. Da quel giorno ho capito che Giancarlo continuava a subire un intenso trattamento farmacologico. Abbiamo deciso di riportarlo a casa».
Da qui l'appello della donna: «Da aprile 2005 attendiamo che possa entrare in qualche comunità di Salerno. A Giancarlo non è stata data una valida alternativa alle dosi massicce di psicofarmaci, che sono serviti a neutralizzarlo». Ai problemi di salute dell'uomo si aggiunge la grave situazione di disagio che vive la sua famiglia. «Dal 2002 mi sono separata da mio marito e da due anni vivo insieme all'altro mio figlio, Daniele, in un garage. Attendiamo da mesi e mesi l'autorizzazione alla demolizione della nostra vecchia abitazione. Chiediamo un aiuto alle autorità locali».
Fonte: Il Portico
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