Tu sei qui: CronacaEcco come la super mamma della Costa d’Amalfi è riuscita a far nascere suo figlio: il racconto del parto
Inserito da (redazionelda), domenica 31 luglio 2016 09:57:08
Il parto "speciale" di Salerno, con una donna di 183 chili ha dato alla luce un maschietto del peso di 4,400 grammi a 34 settimane di gestazione, ha fatto notizia.
I medici del Reparto di Gravidanza a rischio dell'Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona che l'hanno operata lo hanno definito un parto "davvero eccezionale".
In sala operatoria erano presenti dieci medici tra ginecologi, anestesisti, cardiologi, rianimatori e neonatologi.
La donna, poco meno che quarantenne, originaria di un paese della Costa d'Amalfi, che vuole mantenere l'anonimato, è stata assistita dai medici Raffaele Petta, Mario Polichetti, Antonio Iannelli e dalla ostetrica Sonia Pagano. Il piccolo è stato affidato alle cure della neonatologa Graziella Corbo.
«Il parto di una signora di tale peso con una imponente elefantiasi agli arti inferiori - spiega Raffaele Petta, direttore del Reparto di Gravidanza a rischio - rappresenta sicuramente un evento raro. Avevo già operato con la équipe della Gravidanza a rischio con i medici Mario Polichetti e Joseph Allegro, nel 2012, una paziente del peso di 176 chili, ma con questa paziente ci siamo spinti ben oltre».
«E' stato necessario ricorrere a una postazione particolare - ha aggiunto Petta - in grado di adattarsi alle caratteristiche fisiche della signora; inoltre, essendovi un alto rischio di embolia polmonare per il sovrappeso della paziente e per i precedenti tromboembolici, si è ricorso al sistema di compressione sequenziale per la prevenzione della trombosi profonda utilizzando particolari gambali pressurizzanti, procurati dal responsabile della Sala Operatoria Luigi Giorgio».
Estremamente complesso si è rivelato il taglio che abitualmente si esegue nei cesarei.
«Avrebbe comportato una necrosi della ferita con infezioni gravissime, a volte anche letali - ha specificato il medico - abbiamo quindi optato per un taglio inusuale, trasversale sempre, ma tre centimetri sopra l'ombelico. Ci ha consentito di minimizzare i rischi e le complicazioni legati all'intervento».
Fonte: Il Vescovado
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