La satira va in tribunale. Il primo atto del Consiglio Comunale è stato quello di dare mandato all'ufficio legale del Comune per verificare se ci siano o meno gli estremi di querela nei confronti del Giornale di Cava, diretto da Walter Di Munzio. Il «reato»? Aver pubblicato, nell'ultimo numero, una pagina con le foto di tutti i consiglieri. Come sottotitolo «Era meglio morire da piccoli che vedere questo schifo da grandi...», la canzone che Paolo Rossi coniò nel '94 appositamente per il governo Berlusconi, ridicolizzando il «capitano» e la sua squadra di ministri. «Un modo come un altro di esprimere il nostro dissenso nei confronti di chi regge le sorti della città. Anche la satira può servire a fare opposizione, a far riflettere, sia pure con un sorriso, sulle cose che non vanno», dice Di Munzio, divertito più che adirato per la decisione assunta ieri dal consiglio comunale. Addirittura posta al primo punto dell'ordine del giorno. Non sembra preoccupato...

«Preoccupato per i risvolti legali della vicenda, assolutamente no. Se ci sarà querela, agiremo di conseguenza. Daremo battaglia con i modi e nelle sedi di competenza. Piuttosto sono preoccupato, fortemente preoccupato per quanto è accaduto, un atto assurdo, proposto, votato e deciso. È un bruttissimo segnale di intolleranza».

Si spieghi. «Ha il sapore di antiche cose. Di reazioni estreme, dettate dal terrore. Antidemocratiche. La satira fa paura e va combattuta, zittendo gli autori. Cercando di fare ordine, di normalizzare oscurando le voci contrastanti. Mettere a tacere fingendo che tutto vada per il verso giusto». La politica del silenzio, dunque. Il suo giornale si adeguerà a questa parola d'ordine? «Vuole scherzare? Non permetteremo a nessuno di influire sulla libertà di manifestare in tutte le forme il dissenso. La posta in gioco è enorme. La democrazia va difesa a tutti i costi».