Tu sei qui: CronacaOmicidio di Ravello, parla Giuseppe Lima: «Enza mi ha detto ti faccio vedere una cosa ma non arrabbiarti»
Inserito da (redazionelda), sabato 28 marzo 2015 23:25:12
(ESCLUSIVA) L'ultima volta che avrebbe visto la sua Patrizia erano le 7 e 30 del mattino di giovedì scorso quando è uscito di casa per recarsi in giardino a concludere lavori lasciati in sospeso. A confidarcelo è proprio Giuseppe Lima, che il day after, davanti al solito Campari serale al bar della piazzetta di San Cosma, decide di aprirsi a noi del Vescovado.
Quella mattina, in casa con Patrizia c'era Enza. Un rapporto particolare quello "a tre" che dallo scorso inverno perdurava nell'abitazione di via San Cosma fra la coppia di fatto ospitata dalla donna rimasta orfana della madre adottiva.
«In cambio le curavo i suoi terreni - spiega Giuseppe cercando, senza non poche difficoltà, di sgombrare, già dall'inizio, il campo dagli inevitabili imbarazzi - fu lei a chiederci di andare a vivere tutti insieme visto che era rimasta sola, per farle compagnia». E allora subito gli rivolgiamo la domanda più scomoda di tutte, quella di cui mezza Italia vorrebbe conoscere la risposta, cioè come erano organizzavati per la notte. «Io e Patrizia dormivamo in un letto insieme, mentre Enza nella stanzetta. Ma quando faceva freddo lei veniva a dormire con noi, vicino Patrizia però».
Giuseppe, apparso molto provato dopo l'accaduto, tiene a precisare che era Enza, col suo comportamento, le sue attenzioni verso di lui a cui piace "essere servito" a creare imbarazzi. Non era certo un segreto, specie per le persone del posto, che Enza avesse un debole per Giuseppe. Lei avrebbe fatto di tutto per quell'uomo di vecchio stampo, anche sopportare la presenza sempre più ingombrante di Patrizia che col passare dei giorni diventava opprimente e talvolta violenta.
Tanto che negli ultimi tempi Enza era stata notata con un occhio livido, camuffato in parte con occhiali da sole. Ma proprio giovedì scorso qualcosa sarebbe andato storto. «Sono rientrato intorno alle 13 e in casa c'era soltanto Enza. Le ho chiesto dove fosse Patrizia e lei mi ha detto che era ancora a Maiori per quel colloquio di lavoro». Giuseppe ci racconta d'essere ritornato al lavoro nei terrazzamenti di via Santa Barbara nel pomeriggio e di aver tentato ripetutamente di telefonare Patrizia. «Fino alle cinque meno venti il telefono ha squillato a vuoto, poi è risultato sempre spento». Dopo la sua giornata di lavoro, dopo aver tentato invano di telefonare alla sua compagna, a sera Giuseppe preferisce andarsene a dormire sicuro che sarebbe rientrata più tardi. Gli chiediamo con chi ha condiviso il letto quella notte. «Enza» ci risponde senza indugi. Il giorno seguente Giuseppe ci dice di aver chiesto ancora di Patrizia. Nessuna risposta, fino a mezzogiorno, quando sarebbe stata proprio Enza a dirgli: «Ti faccio vedere una cosa, ma non arrabbiarti, non uccidermi».
Secondo quando ha affermato, Giuseppe viene condotto nel corridoio che porta al bagno, dove è collocata una cassapanca. Ad aprirla proprio Enza: all'interno. sotto una coperta e alcuni sacchi neri, di quelli che si utilizzano per i rifiuti, il corpo senza vita di Patrizia con il volto e il petto a contatto col fondo, le gambe piegate poste sulla schiena. La scena è delle più macabre: «Le mani erano tese e il volto violaceo in più punti» spiega in vernacolo Giuseppe, a testimonianza che la donna potesse essere morta già il giorno precedente. «Enza mi ha detto che era stata lei dopo aver litigato in cucina e averla trascinarla per il corridoio». Giuseppe ci dice di aver mantenuto la calma, sfilato l'anello dal dito della compagna e staccata la catenina d'oro che porta tutt'ora con sé.
«Sono sceso al bar per un Campari, poi ho giocato un po' alle macchinette (slot machines ndr) cercando di distrarmi e pensare cosa fare. Sono rientrato dopo mezz'ora, ho telefonato mio fratello Daniele che mi ha consigliato di telefonare Nicola Amato, cosa che ho fatto». Il resto è risaputo.
Enza dopo 12 ore si ritrova in carcere con l'accusa di omicidio preterintenzionale e occultamento di cadavere. Giuseppe giura di aver raccontato la verità, agli investigatori e a noi, ma restano ancora molte ombre sulle ultime ore di vita della donna.
«Patrizia non meritava una fine del genere - ha concluso Giuseppe - Sono un uomo distrutto, peggio di quando sono tornato qui dal Nord dopo il fallimento del mio matrimonio».
Fonte: Il Vescovado
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