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Ravello, addio a ex segretario comunale Attilio Romano. Il ricordo di Salvatore Sorrentino

Inserito da (redazionelda), mercoledì 19 settembre 2018 12:20:16

Ravello saluta Attilio Romano, lo storico segretario capo del Comune, in servizio a Palazzo Tolla dal 1978 al 1995. Un pezzo di storia amministrativa della Città della Musica mai dimenticato, iniziato col sindaco Salvatore Sorrentino e conclusasi con l'inizio del terzo mandato consecutivo di Salvatore Di Martino. Ad annunciarne la dipartita, ieri sera, un post di facebook del Comune di Ravello. I funerali questo pomeriggio alle 16 nella cappella del Cimitero di Tramonti, suo paese d'origine.

 

Ma il ricordo più intimo e commosso è quello dell'ex sindaco Salvatore Sorrentino:

È stato il "mio" Segretario Comunale. Perché mio.

Quella volta, lo "volli, volli, fortissimamente volli" (mi perdoni Vittorio Alfieri).

Quando, me Sindaco, Ravello rimase senza Segretario, il Prefetto mi mandò parecchi aspiranti, in cerca di sistemazione: non li ritenni in grado di soddisfare le esigenze dei ravellesi. Puntai sul nuovo segretario del Comune di Scala, dove era arrivato da pochissimo tempo. Era benvoluto dagli amici Scalesi. Glielo "rubai"; forse non me l'hanno mai perdonato.

Trovai in lui resistenza; da persona onesta qual era, non se la sentiva, in nessun modo, di lasciare, dopo così pochi mesi, un comune, dove, per altro, si trovava molto a suo agio.

Dovetti combattere. Arrivai, perfino, a usare frasi offensive della sua qualità di "padre di famiglia", che non pensava agli interessi dei suoi familiari: "Ravello appartiene ad una classe superiore" (con le intuibili conseguenze); il Segretario comunale era anche, ope legis, segretario della locale Azienda di Turismo, nonché segretario del Consorzio Ravello-Minori per la gestione dell'acquedotto bi-comunale (anche in questo caso con le intuibili conseguenze).

Non c'era niente da fare: i soldi non lo interessavano; era da poco arrivato a Scala, non riteneva corretto lasciare un'Amministrazione che aveva rispetto per lui.

Io, però, che avevo fiutato l'importanza, per il mio comune, di avere un simile disponibile e onestissimo Segretario-lavoratore, non demorsi, combattei, percorsi tutte le vie disponibili, anche quelle forse poco civili. Alla fine, incaricai, dell'operazione convincimento, i miei collaboratori in primis, Enzo e Michelangiolo. Loro sferrarono "il colpo di grazia": so solo che lavorarono fino a tarda notte. E che ci riuscirono.

Attilio Romano divenne il Segretario Comunale di Ravello.

Con lui, i numerosi, allora più di una quarantina, dipendenti comunali divennero un tutt'uno, una vera e propria seconda famiglia. La Casa comunale divenne «... la salumeria», un termine che introdusse lui, una sera in cui trattenni, su, al Comune, tutta l'équipe fino a notte inoltrata, fra l'altro incaricandola di procurare, ad horas, un paio di chili di prosciutto e altri generi, per alcuni nostri illustri ospiti, rimasti in un ristorante ... senza nient'altro da mettere sotto i denti.

E arrivò tutto, in perfetto orario, dopo mezzanotte, a Scala: avevano svegliato il compianto Mimì Marsico, il quale, vecchio stampo di salumiere, riaprì il negozio e provvide. E il segretario aveva svolto il non facile compito.

Romano era il Capo della "salumeria"; io mi onoravo di farne parte, magari al centro della compagnia, ma non alla testa: «il Capo della salumeria era Attilio Romano!».

E tale è rimasto. È stato il nostro Segretario per antonomasia fino al giorno in cui è andato al meritato riposo, la pensione.

Ora ci ha lasciati. Prima di quanto ci aspettassimo. Non siamo riusciti a ritrovarci, in un ultimo incontro conviviale, da tutti desiderato: il gruppo della "salumeria" non ha fatto in tempo. Peccato!

L'Amministrazione comunale ha tempestivamente provveduto a rendere pubblica la sua scomparsa, esprimendo il cordoglio dei ravellesi.

Noi, membri della vostra "salumeria", vi diciamo, buon riposo, caro Segretario Romano; vi abbiamo voluto bene, tanto bene, sempre. E siamo stati sempre ricambiati, lo sappiamo. I vostri familiari, cui va il senso del più vivo cordoglio di tutti, siano fieri di aver avuto un siffatto "capo".

 

Fonte: Il Vescovado

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