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Amalfi e Costiera, seguire l'esempio dei padri: historia magistra vitae

Inserito da (redazionelda), lunedì 2 novembre 2015 19:36:21

di Giuseppe Liuccio

Gaio Clinio Mecenate fu uomo di grande potere e di profonda cultura. Ed è passato alla storia come autorevole ed influente consigliere di Ottaviano Augusto, ma anche e, forse, sopratutto come munifico protettore di artisti e poeti, Virgilio, Orazio e Properzio, tra gli altri. Ed è diventato, così, capostipite e simbolo della faccia colta del potere che da lui ha preso il nome di mecenatismo, appunto.

L'Italia dei Comuni e delle Signorie ne fu uno splendido esempio con i Medici a Firenze, i Gonzaga a Ferrara, i Montefeltro ad Urbino, tanto per citare i più autorevoli e rappresentativi. Ed oggi quelle città vantano ed espongono monumenti che testimoniano lo splendore del passato e ne fanno le fortune turistiche, e non solo, del presente.

L'Italia Meridionale non ha vissuto quella straordinaria stagione e questa è una delle cause dell'assenza di una borghesia del lavoro, dotata di spirito di intraprendenza e con la voglia del rischio di competere sui mercati. Qui da noi il periodo coevo fu caratterizzato dal feudalesimo e dal baronaggio, con rari esempi di governo illuminato e tanti di strapotere all'insegna dell'arroganza e dello sfruttamento rapace con una schiera di cortigiani incolti, quasi sempre, famelici e truffaldini, spesso.

Eppure intorno al Mille ci fu una eccezione, tanto rara quanto straordinaria: La Repubblica Marinara di Amalfi.Dal suo minuscolo porto partirono alla conquista dell'una e l'altra sponda del Mediterraneo schiere di mercanti coraggiosi ed intraprendenti ed animarono traffici e commerci, crearono fondaci ed istituzioni di solidarietà, si proposero come ponte di raccordo tra l'Occidente e l'Oriente, creando un ricco e fecondo meticciato di cultura, all'insegna della reciproca tolleranza. E la città crebbe nello splendore di monumenti, chiese e palazzi gentilizi e fu meta di viaggiatori incantati dal fasto e dalla bellezza come l'arabo Ibn Havqal che già nel 972 la definì "la più prospera cittàdella Longobardia".

Poi vennero i dogi e i duchi, Augustaricchio, i Mansone, i Piccolomini, i cardinali e i diplomatici, i monaci ed i conventi, le famiglie gentilizie e i palazzi storici, i mercanti danarosi, ed il tarì, le crociate ed il dominio sui mari, la resa sul mare e gli investimenti su terra: cartiere, ferriere e tutta la ricca e varia attività della proto industria. E poi i viaggiatori del Grand Tour e la grande pittura, il fascino della storia e del paesaggio e la grande letteratura.

E la città gonfiò di desiderio l'immaginario collettivo nazionale ed internazionale ed esplose il turismo dell'eleganza e del buongusto, della cultura, dell'arte e dei paesaggi di un lembo di paradiso dove c'è una straordinaria reciproca metamorfosi tra acqua e terra, tra mare che carezza gli scogli e qualche volta ingravida le grotte e lambisce le case e le case che sagomano colline e le colline che cercano il cielo con le cupole delle chiese ed il filo di croce dei campanili. Tutto frutto della intraprendenza dei padri, che si lasciarono guidare dal mecenatismo e lavorarono di sicuro per accrescere ricchezza e prestigio personale ma con un occhio attento all'interesse pubblico, esaltando l'etica della responsabilità, nella consapevolezza che una città cresce e conquista spazi di grande visibilità e di conseguente attrazione se si ha cura del bene pubblico prima ancora che del privato.

Ed ancora oggi chiese conventi, palazzi gentilizi e piazze, slarghi silenziosi e vicoli umbratili, ferite ardite nel costrutto compatto delle case in fuga a cercare sole nei giardini ariosi dei limoneti, trasudano storia e testimoniano la memoria antica della città e ne fanno ancora le fortune turistiche. Tutto questo c'è e resiste,. nonostante l'improvvisazione ed il pressapochismo, la vocazione malcelata del guadagno a tutti i costi a scapito,spesso, dell'offerta di qualità.

Molti banalizzano o, addirittura, ignorano storia e passato ed arraffano tutto quello che possono incuranti delle ferite vistose che infliggono al buon nome della loro città, che è stata e resta ancora una città/mondo, una delle cartoline più prestigiose dell'Italia turistica. Ce n'è abbastanza per invertire la tendenza con uno scatto di orgoglio e riappropriandosi del mecenatismo dei padri e facendone uno stile di vita. E' un dovere ineludibile degli aministratori pubblici ma anche e, starei per dire, soprattutto degli imprenditori privati, promuovendo solo e sempre qualità.

Agli amministratori pubblici l'obbligo di tutelare storia, arte, monumenti e tradizioni dei padri conservando gelosamente l'esistente ed esaltandolo con iniziative opportune, senza inseguire l'effimero di manifestazioni/fiere di vanità, ma esponendo con decorosa semplicità il meglio della propria città, che da sola fa spettacolo e che spettacolo!!! Qualche sera fa ho avuto il piacere di incontrare la dottoressa Enza Cobalto, assessore alla cultura del Comune di Amalfi. Nel corso di una cena ho avuto modo di affrontare con lei questi temi e ne ho apprezzato la cultura. la sensibilità, la determinazione a spendere il meglio delle sue risorse fisiche ed intellettuali al servizio della città per consolidarne il ruolo di regina del Turismo sui mercati nazionali ed internazionali. Non la conoscevo.

Ne sono rimasto positivamente impressionato. Il discorso ha toccato anche il punto dolente della ristrettezza delle risorse finanziarie. Ed io mi sono permesso di suggerire all'assessore di chiamare in causa anche gli imprenditori privati e di responsabilizzarli, pubblicamente, ad emulare il mecenatismo dei padri, primo fra tutti Pantaleone Comite, (sue le porte di bronzo del duomo do Amalfi e Ravello), di cui sono eredi, con grande spirito di munificenza verso l'interesse pubblico nella radicata consapevolezza che o insieme si cresce o insieme si perisce. Naturalmente il discorso vale tutti i paesi della costiera (la regione amalfitana, come la definisce l'amico storico, Peppino Gargano), che può contare, tanto per fare uno degli esempi più significativi, sul grande lascito culturale di ben tre diocesi Ravello, Minori e Scala, coordinate da un arcidiocesi (Amalfi). Ritornerò sul tema, che merita un discorso a parte e molto più approfondito Per intanto buon lavoro e buona fortuna alla Costa nel suo insieme e ad ogni singolo abitante di questo straordinario lembo di paradiso.

liucciogiuseppe@gmail.com

Fonte: Il Vescovado

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