Tu sei qui: AttualitàChe l’Italia sia 'un paese troppo lungo'?
Inserito da (redazionelda), giovedì 26 febbraio 2015 15:11:49
di Maria Abate
Giorgio Ruffolo è un economista, ma in passato ha ricoperto i ruoli di parlamentare e ministro. Attualmente scrive su quotidiani rinomati quali La Repubblica e L'Espresso. Interessanti e attuali sono le sue teorie del saggio pubblicato da Einaudi nel 2009, Un paese troppo lungo. Qui egli ripercorre le tappe più significative per lo sviluppo della nostra penisola e per la tanto attesa unità d'Italia; tutto ciò allo scopo di esprimere preoccupazione e dispiacere per questa unità che sembra avviarsi alla dissoluzione perché, come dissero gli Arabi, l'Italia è una penisola geograficamente troppo lunga.
Assai piacevolmente Ruffolo descrive la sagoma che comprende il suo territorio: «A quella figura elegante» dice «non si addice l'immagine sgraziata dello Stivale, ma piuttosto quella di una signora, leggiadramente fluttuante sul mare». Ma proprio questa slanciata bellezza costituì la causa dl suo male: nessun popolo, nessuno stato riuscirono nel corso dei secoli a inglobarla nelle proprie conquiste tutta intera. Per fare un esempio, nel Medioevo l'Italia «ci appare frammentata tra ducati longobardi, colonie bizantine, repubbliche marinare e scorrerie saracene». Soltanto nel 1861 il progetto di personaggi quali Cavour, Mazzini e Garibaldi si realizza: l'Italia vede finalmente la sua unità. Neanche allora troverà la pace, minacciata dalla «grande palude dell'"Antirisorgimento"», che si svilupperà in quelle che Ruffolo definisce «forme storiche». Si tratta in primo luogo del nazionalismo aggressivo, fondamento del fascismo; in secondo luogo del «condizionamento dello Stato Italiano da parte della Chiesa Cattolica»; in terzo luogo della "questione meridionale". Dunque, la prima di queste è stata sconfitta (anche se c'è ancora qualche nostalgico); si riuscirà, o meglio, riusciranno i giovani che, secondo Ruffolo, «sono i soli ad avere la possibilità di rimediare ai guasti», ad annientare le altre due piaghe?
Fonte: Il Vescovado
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