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Come fai fai, sbagli!

Inserito da Raffaele Ferraioli (redazionelda), giovedì 2 gennaio 2020 15:23:21

di Raffaele Ferraioli

Gli eventi calamitosi verificatisi la settimana scorsa in Costa d'Amalfi hanno innescato il solito balletto delle competenze o, se preferite, il palleggio delle responsabilità fra i vari livelli istituzionali e fra questi e i privati, proprietari dei terreni interessati dai fenomeni di dissesto e, in teoria, responsabili dei conseguenti danni arrecati alle strutture pubbliche.

La controversia si trascina da sempre in una confusione legislativa assai difficile da interpretare. La stessa giurisprudenza, sia in ambito civile che penale, amministrativo e contabile, è piena di contraddizioni e di enigmi mai risolti. I Sindaci, in particolare, sono costretti a barcamenarsi in situazioni d'incertezza totale e a fare i conti con un caos normativo che li vede impegnati a non facili interpretazioni per evitare implicazioni piuttosto ricorrenti.

Il rischio, come ricorda un detto popolare, che: "Come fai fai, sbagli!".

La copiosa giurisprudenza consolidata conferma che "la Pubblica Amministrazione non può porre a carico del privato la realizzazione di interventi che non sia obiettivamente limitati alla difesa della proprietà ma rispondano a scopi diversi, così come quello di garantire la pubblica incolumità. In questo caso l'Amministrazione può ben intervenire, anche con opere realizzate coattivamente, previa occupazione della proprietà privata, ma non può porre a carico del privato l'onere economico di tali interventi che rivestono il carattere di opere pubbliche in senso tecnico. (f. S.A.P. 29/2/1996, n.23)."

L'orientamento giurisprudenziale ribadisce inoltre, che: "E' presupposto, per l'adozione da parte del Sindaco di ordinanza contingibile e urgente, unicamente la situazione di pericolo per un danno grave ed imminente per l'incolumità pubblica che per il suo carattere di eccezionalità e rilevanza non possa essere fronteggiata con i rimedi ordinari e che imponga, di conseguenza, strumenti immediati e indilazionabili che si sostanziano anche nell'imposizione di obblighi di fare e di non fare a carico del privato. Non possono essere posti a carico del privato proprietario interventi ampi e genericamente indicati, tendenti al fine di evitare movimenti o frane su ambiti territoriali di ampiezza rilevante o natura morfologica complessa. Quando questo succede, viene di fatto svolta un'attività complessa comprendente profili diversi (studi, ricerche, prove geologiche, interventi di contenimento di lungo periodo) che non possono essere imposti al privato sulla scorta di uno strumento eccezionale quale quello dell'ordinanza contingibile e urgente, anche in considerazione del coinvolgimento di altri enti pubblici (C.d.S., sez. V, 30/3/1998, n. 377)."

La sistemazione idrogeologica del territorio impone interventi che richiedono fondi dell'ordine di grandezza di milioni di euro, progettazioni dettagliate, tempi lunghi per essere realizzata e non può essere sostenuta da soggetti privati. Il rilevante impegno di spesa e di cognizioni tecniche richiesto, nonché l'attivazione dei numerosi enti e autorità impongono che tale competenza sia riservata al pubblico, prioritariamente ed unicamente obbligato a garantire l' incolumità e la sicurezza pubbliche.

Tesi ineccepibile questa ma, ahimè, non sempre condivisa dal giudice contabile che in non poche occasioni ha emesso provvedimenti sanzionatori nei confronti di funzionari e amministratori. La mannaia è caduta con particolare severità sui Sindaci che da sempre svolgono la funzione di "parafulmine"del sistema e questo crea un panico diffuso che induce all'immobilismo più avvilente e lesivo degli interessi dei cittadini.

La politica del non fare ne esce premiata se è vero, come è vero, che il fare è di gran lungo più rischioso. Da qui il proliferare di amministratori inerti, demotivati, spaventati, la cui unica preoccupazione è quella di "pararsi il culo". Operazione legittima per le motivazioni sopra esposte, ma certamente controproducente per gli interessi dei cittadini amministrati.

Fonte: Il Vescovado

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