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Un Parco didattico della memoria collettiva per la Costa d'Amalfi

Inserito da Giuseppe Liuccio (redazionelda), domenica 29 novembre 2015 09:58:54

di Giuseppe Liuccio

La Costa di Amalfi è una terra anfibia e vi aleggiano e si materializzano nell'immaginario collettivo miti di terra e di mare. La sua vocazione è segnata nella conformazione geotopografica. Si sviluppa in verticalità più che in orizzontalità con il mare che penetra, attraverso grotte, falesie e fiordi, nel ventre della terra e la feconda di acque e di misteri con le onde che, quando si imbufaliscono, schiaffeggiano e scalano scogli con cascate d'argento ad uragano e, arditi, minacciano case e campagne, chiese e campanili che, ariosi, cercano cielo con le croci su cupole di maioliche colorate. Colline e montagne s'incurvano in dolce pendio con venti/brezze che pettinano orti che "paion giardini" nel recinto del ricamo delle macere, con il prezioso carico di aromi a mélange di iodio e sale a nenia dolce di onde o a cavalcata furente di marosi, a seconda delle stagioni.

E in alcuni paesi (Amalfi, Atrani e Minori, soprattutto), sembrano, tanto per dirla con il Nobel Salvatore Quasimodo "come rubate al fondale le case aggrappate alla roccia, bianca o nei contrasti degli smalti, unite ai brevi agrumeti". Gli strumenti di vita e di lavoro dell'uomo della costa sono la vanga ed il remo quasi a testimoniare, in modo plastico ed inequivocabile, che egli è "marinaio di montagna e contadino di mare", anfibio anche lui, come la terra che abita. Non a caso la pittura parietale, in alcuni graffiti d'autore, esalta un mostro, anfibio anche lui, la "volpe pescatrice", che qualche fantasioso operatore della ristorazione ha "sacralizzato" nel logo della propria struttura, quasi a sottolineare che la cucina del territorio è sinergia perfetta "mare-monti".

E, d'altra parte, anche ad alta quota sui Lattari, da Monte Finestra al Falerzio, dal Chiunzi a Sant'Angelo a Tre Pizzi e fino a Nocelle e Montepertuso di Positano, il mare è una presenza familiare e se ne avvertono le zaffate di iodio e sale, cosi come nelle rade/baie di Vietri e di Cetara, di Erchie e di Maiori, di Minori e Atrani, di Amalfi e Conca dei Marini e, via via, di Furore, di Praiano e Positano la brezza alita aromi di valeriana, mortella, rosmarino, finocchietto selvatico e, naturalmente, zagara in tutte le gradazioni dell'agrumicoltura e che ubriacano uomini e dei miti fino alle Sirene ammarate a Li Galli.

Ecco perché la definizione di "marinai di montagna e contadini di mare" calza a pennello agli abitanti della Costiera. Ed è indispensabile e necessario partire da questa premessa per narrarne storia, tradizioni, specificità ambientali, colture e cultura, regime alimentare, creatività nella produzione artigianale e, finanche, ritualità religiose.

Sulla base di questa premessa si potrebbe e, secondo me, si dovrebbe, ipotizzare un Parco didattico della memoria collettiva che narri, anche visivamente, storia e tradizioni del territorio, dando vita in loco a percorsi dimostrativi in giardini/attrezzati con specificità di colture (agrumi e viti, innanzitutto, ma non solo), seguendone le varie fasi dimostrative dall'impianto alla fruttificazione, quando è possibile, e ricorrendo, ove necessario, al supporto degli audiovisivi e della virtualità della telematica per completezza di "insegnamento".

Il Parco dovrebbe configurarsi, cioè come un museo vivo, in cui si narrano visivamente le pagine esaltanti della storia del lavoro, delle attività, delle abitudini della quotidianità. Come dei rari momenti di riposo e relax dei giorni di festa e, quindi, della vita nella evoluzione dei secoli delle comunità della costa, che è bene precisarlo subito, si configura come una sub regione in un unicum che la accomuna pur nelle immancabili diversità non sostanziali che contraddistinguono i paesi.

Dove ubicare, eventualmente, il Parco? La domanda è legittima. Ed io prometto di ritornare sul tema con ampie e motivate riflessioni sulla sua ubicazione e sulla sua articolazione. Anticipo fin da subito che il posto ideale potrebbe essere il territorio di Tramonti, nelle frazioni basse, che scivolano in dolce pendio verso il mare di Maiori e di Minori. Io continuo a ritenere che "la montiera", di cui Tramonti è la capitale, offre ampia possibilità e garanzia per il futuro del turismo di qualità della Costa d'Amalfi e che i comuni a Sud debbono lavorare in sinergia e in sintonia di progettualità di ampio respiro. E penso a Ravello, città della musica a livello internazionale, a Minori città del gusto, a Maiori che vanta la spiaggia più bella, il lungomare più ampio ed accogliente, un porto che attende di essere attrezzato per la nautica da diporto, Cetara, regno delle salagioni e della colatura d'alici, Vietri, patria della ceramica. Il tema merita una più ampia e motivata articolazione. Cosa che mi riprometto di fare a breve.

liucciogiuseppe@gmail.it

Fonte: Il Vescovado

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