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Complesso di San Giovanni, deserta anche la seconda asta

Inserito da (admin), lunedì 5 dicembre 2011 00:00:00

Dopo che anche il secondo bando per l’alienazione del Complesso Monumentale di San Giovanni è andato deserto, il segretario cittadino del Pd, Giuliano Galdo, e l’intero gruppo consiliare del Partito Democratico esprimono la propria felicità in merito. Ecco la nota:

«In relazione alla mancata partecipazione di acquirenti all’asta pubblica per il Complesso Monumentale di San Giovanni, nell’esprimere il nostro compiacimento per lo scampato pericolo dell’ingiusto impoverimento del patrimonio della nostra comunità, confermiamo che porteremo avanti, insieme a tutti coloro che vorranno, tutte le iniziative preannunciate nei giorni scorsi, compresa la denuncia alla Procura Generale della Corte dei Conti. Inoltre, invitiamo caldamente l’Amministrazione comunale a sospendere tutti i bandi di vendita delle attività commerciali per poter procedere alla verifica puntuale dei criteri di valutazione, al fine di evitare che, anche rispetto ad essi, si realizzi non la legittima attività di vendita del patrimonio comunale, quanto piuttosto una colossale svendita dello stesso. Saremo vigili nell’interesse di Cava de’ Tirreni».

Inoltre, contro la “svendita” del patrimonio immobiliare dell’Ente metelliano, tra cui quindi non solo il Complesso di San Giovanni ma anche tutti i locali commerciali di Corso Umberto e via della Repubblica, si era espressa anche l’associazione “Davide contro Golia”. Questo il pensiero del presidente Mario Farano:

«L’ex convento di San Giovanni, in pieno centro città, è stato valutato a meno di 1.000 € al mq. A tanto si arriva se si divide il prezzo a base d’asta, € 8.500.000, per i 9.000 mq complessivi. Per giustificare il prezzo così basso hanno preso come esempio le vendite di appartamenti, invece di considerare anche negozi e studi. Non solo. Le vendite erano per case che stanno in strade periferiche, mentre San Giovanni é sul centralissimo corso Umberto. Per tenere il prezzo basso hanno scalato dalla valutazione 10 milioni di euro di spese di ristrutturazione, ma il Comune ha già speso 5.500.000 di euro per riparare i danni del terremoto e per rifare tutte le facciate che danno sulle strade. Vogliono farci credere che i negozi a piano terra valgono meno degli appartamenti, che, al contrario, come si sa, valgono 1/3 dei negozi.

E’ come se la valutazione l’avesse fatta qualcuno che non conosce Cava e che non si è sforzato di conoscerla, contravvenendo alle regole dettate dallo stesso suo datore di lavoro, l’Agenzia del Territorio. Agenzia che, nel mese di agosto 2011, ha pubblicato un manuale delle regole del buon valutatore, che dovrebbe fare attenzione a prendere come esempi solo immobili simili a quello che deve valutare. Mica si possono mettere sullo stesso piano una cantina di una casa contadina a Croce ed un negozio in piazza Duomo! Il massimo dell’approssimazione è stato raggiunto, quando hanno valutato i negozi di corso Umberto. I quattro più centrali e commerciali sono stati valutati alla metà di quello più periferico. Quasi meno di quanto è stato venduto un negozio in una traversina scarsamente commerciale.

Il denaro che viene dalla vendita degli immobili comunali deve, per legge, andare in un salvadanaio ed essere usato per acquistare altri immobili, per fare opere pubbliche o per eliminare i mutui. La legge prevede anche che quei soldi possono essere temporaneamente presi dal salvadanaio per fare qualche pagamento corrente, ad esempio le tredicesime o le bollette della luce. Però, dice la legge, appena puoi, li devi rimettere nel salvadanaio. Si mormora che il Sindaco rischia di essere mandato a casa perché gli mancano 5 o 6 milioni per pagare le spese correnti, quindi i dipendenti e le bollette della luce. E che per questo vuole vendere i negozi e San Giovanni. Molti si stanno facendo questa domanda: quali azioni faremo verso il Sindaco, oltre che mandarlo a casa, se ci porta un danno di 21 milioni di euro (che sono 42 miliardi delle vecchie lire) per pagare stipendi, consulenze, bollette della luce o contributi?»

Fonte: Il Portico

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