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Turismo religioso in Costa d’Amalfi: la magia di Albori a Vietri sul Mare

Inserito da (ilvescovado), sabato 12 novembre 2016 17:00:38

di Giuseppe Liuccio

La polla sgorga freschissima in una gola ai piedi del Falezio, che rovescia una colata di verde nella vallata ruinante alla marina. Sono venuto alle radici di Albori, che rievoca nella toponomastica quel biancore di pietra levigata dall'acqua calcarea della sorgente del Cesare, traslucida e cangiante all'ultimo sole di questa luminosa estate di San Martino. Qualunque ne sia l'etimo: Arvo (compagno di Giasone) arbor, (l'albero della nave), albula (con chiaro riferimento alla sorgente d'acqua calcarea, appunto), il centro ha origini antichissime e fu frequentato fin dalla notte dei tempi anche per via di quell'accogliente marina, naturale approdo, nella piccola rada, per naviganti in difficoltà, pirati a caccia di bottino e conquistatori alla ricerca violenta di un dominio.

Oggi la cala è regno incontrastato dei vacanzieri, soprattutto estivi, dotati di gozzi e gommoni a conquista di battigia ciottolosa, mare pulito, grotte appartate per estemporanee trasgressioni d'amore a riparo di guglie di scogli e cespi di macchia. Dall'alto domina con il suo prestigioso carico di storia, storie e leggende la caratteristica Torre di avvistamento, per la serie «come ti difendo la costa!», in sintonia con la mitica Crestarella e la spiaggia maestosamente tozza di Marina di Vietri. Qui resiste a goduria di botanici dai gusti fini e di ambientalisti dalla polemica facile, la "pinguicola hictifolia", una rara pianta carnivora all'agguato di insetti ingenui in ebbrezza di volo, votati a morte improvvisa. Torre e "pinguicola" stemperano storie e leggende di vicende violente di morti truci nella solarità mediterranea di un bellissimo tramonto rosso fuoco.

Ed ora che sono quassù, nell'estasi del paesaggio e nel fragore da concerto tutto interiore del silenzio, che fu cornice e sottofondo per poeti, pittori e maestri ceramisti, mi esalto alle scaglie di mare che occhieggiano, a carezza di brezza, tra agrumeti e vigneti saccheggiati da recente vendemmia di una dimora ospitale, miracolo di una vecchia stalla al raffinato riuso di residenza, soprattutto estiva ma non solo nel perenne trionfo di buganvillea, gerani e limoni a decoro di minuscole terrazze, ferite da scalinate ardite e civettuole. Il tutto con naturalissima disinvoltura, che è il segno distintivo della Costiera, non solo quella blasonata di Ravello e Positano, ma che anche qui sa essere decorosamente aristocratica nella semplicità coinvolgente. Il crinale dei Lattari si lega al cielo con un filo di croce del convento degli ultimi eremiti a volontario esilio in un avamposto di paradiso sospeso tra cielo e mare nella gloria del rosso tramonto. Di là Monte Finestra a protezione della Badia di Cava con il suo carico prestigioso di storia e cultura. Di qua lo squarcio di infinito di un mare che conobbe il dominio mercantile della Repubblica di Amalfi. Di fronte la Piana di Paestum con la sacrale maestosità dei templi dorici e Punta Licosa che canta al vento iodato avventure di marinai e seduzione di sirene.

Dal mare vennero i monaci basiliani e portarono fin quassù la sacra icona della eroina di Antiochia, Santa Margherita, venerata dapprima in una cappella diruta nel verde di una terrazza prospiciente la gola del torrente Manganara e successivamente parrocchiale, aperta al vento e al mare, a dominio e protezione di case, vigneti ed agrumeti. Conserva stupendi affreschi della scuola del Solimena e vanta un'attigua congrega con coro ligneo, pavimento ed altare con maioliche decorate del settecento.

Dal mare vennero anche saraceni e pirati ed il paese si fortificò, barricandosi in quel dedalo di vicoli, supportici, scale e minuscoli slarghi a corona della chiesa con ampio sagrato. Qui il popolo d'agosto si dà convegno e si ammassa festoso a consumare saporitissime penne alle melenzane, squisite salsicce alla griglia, "friarielli" e fagiolini a delizia di pomodorini "a piennolo"; e, ancora, seduti al fresco nella contagiosa allegria delle sere d'estate, sulle tavole all'aperto è trionfo d'anguria a mezzaluna, fichi zuccherini e vino a volontà dei vigneti, pochi ma generosi di un bianco amabile. E poi "vai col liscio" fino a notte fonda sul sagrato della chiesa in un simpatico mélange tra sacro e profano con le stelle ad arabescare d'argento l'inchiostro del cielo.

Io ho memoria nitida di una mia partecipazione attiva di qualche anno fa e mi riprometto di ripeterla nella prossima estate, perché qui si respira una magia tutta interiore irripetibile altrove. Interiorizzai e metabolizzai lo spettacolo di un paese da favola, che, a festa finita, si riappropriava del silenzio e del riposo come un polipo stanco che distende pigramente i tentacoli sul declivio della collina. Questa è e resta la Divina Costiera che mostra con fresca disinvoltura il suo volto migliore di calda ospitalità ed accattivante umanità nella straordinarietà dello spettacolo cangiante nel corso delle ore. È Vietri con le sue stupende frazioni, che anticipano e spesso superano con naturalezza e dignità lo smalto naturalmente sfarzoso della Divina, più platinata con una marcia in più, il culto del silenzio che ne valorizza ed esalta la bellezza.

E certamente Vietri nel suo insieme, e le sue tante frazioni, in particolare, a cominciare da Arbori, offrono l'opportunità di praticare, tra 'l'altro, il Turismo religioso nelle tante chiese, che sono contenitori di arte e testimoni di prestigiose pagine di storia. I cittadini della città possono adempiere al precetto della messa domenicale in un anticipo della straordinaria bellezza della Costa d'Amalfi con scampagnata fuori porta con famiglia ed amici.

 

liucciogiuseppe@gmail.com

Fonte: Il Vescovado

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