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Lettere alla redazione

La linea di massima

Inserito da (redazionelda), sabato 19 giugno 2021 14:50:56

di Attila Amato

 

Assistere all'ennesimo triste episodio della saga Fondazione lascia un amaro che è più amaro stavolta.
Il fatto di trovarsi coi fari puntati dalla totalità delle testate giornalistiche e televisive, amplifica una difficoltà che mostra purtroppo vistose lacune relative alla capacità manageriale degli attori esterni coinvolti.
L' amore per il rischio che provano i soggetti coinvolti (Regione Campania e Comune di Ravello in primis, consideratasi la prima come ente finanziatore principale della rassegna) può atterrire.
Le tematiche colpite da questo status Quo sono varie.
Facciamo 15 secondi di teoria: il brand management rappresenta da definizione l'applicazione delle tecniche di marketing a uno specifico prodotto, linea di prodotto o marca.
La Fondazione Ravello nasce come prodotto, cresce, vuole diventare marchio riconosciuto e riconoscibile ovunque. Gli ultimi anni hanno suggellato la creazione di una vera spada di Damocle che, con le dimissioni di Antonio Scurati, potrebbe davvero porre fine alla credibilità/reputazione di un Ente nato con i migliori propositi.
Inserire la parola Ravello nel nome dell'Ente, in questo caso è un'arma a doppio taglio, anche perché le persone potrebbero velocemente passare dall'associazione di Ravello alla sua totale bellezza estrinseca (che non sono qui ad approfondire) a sentirne il nome e dire: ah, quello è il posto dove non si riesce ad organizzare una manifestazione culturale degna, nonostante ci siano volontà e possibilità economiche fuori dal comune (sembra anche una battuta, ma è così).

La scelta di affidare la direzione a Scurati vogliamo immaginare sia stata ponderata in maniera quanto meno profonda e, l'evoluzione della attuale situazione, mostra come sia palese l'incapacità di comprendere quanto, raggiungere un compromesso in un senso o nell'altro, possa essere vitale per portare a conclusione progettualità ambiziose, brillanti, coraggiose.

In altre parole potrebbe il tutto definirsi in bassa capacità di negoziazione.
Aggiungiamo a questi due fattori la eccessiva liquidità delle notizie che investono un micro-terriorio come la Costiera così come l'intera nazione, un pizzico di impulsività improbabili davanti a scelte azzardate (e il nostro presidente della Regione Campania sa bene quanto conti, specie a livello politico, la parola detta) e la frittata è bella e fatta.
Scurati annunciato, chiudi gli occhi, Scurati dimesso.

Va detto che arrampicarsi sulla cima della ribalta rende rumorosa la caduta, oggi ne siamo tutti più consapevoli.
Abbiamo paura di sostenere fermamente che la politica debba esulare da questi argomenti, abbiamo paura di metterci la faccia, esporci al rischio di essere bloccati, ma proviamoci. E mi riferisco all'amministrazione di Ravello in toto.
Stare fermi a guardare la tempesta aspettando che passi, non serve a niente.

Avere il coraggio di fare passi nelle giuste direzioni, in avanti o all'indietro che sia, è condizione necessaria e sufficiente per approcciare determinati tipi di realtà senza rischiare di incorrere in figure barbine.

Un fatto che mi sembra evidente dover sottolineare è che la Fondazione non è più come prima, non lo sarà. È il ciclo naturale delle imprese, e cambiare non solo si può, ma si deve. Valutare l'implementazione di una nuova forma di consultazione, sondaggio di interesse o libera candidatura, di personaggi nuovi ma non mi sento di escludere lo stesso Antonio Scurati, che invito fermamente a non arrendersi al primo ostacolo, che presentino un progetto valido (come sono sicuro sia già l'attuale, bloccata, programmazione) a forte impatto culturale e aggiungerei destagionalizzante.

Salvare la cultura che con così tanta fatica si è cercato e si cerca di associare in maniera univoca al paese di Ravello è la vera priorità. Dietro questa priorità si estende una ramificazione di business da sviluppare, competenze, territoriali e non, da sfruttare e potenziare, miglioramento della qualità e dello stile di vita della popolazione coinvolta che richiederebbe troppe parole per non tediare il lettore, oggi.

Ho provato, da ravellese che guarda con un fuoco differente (dettato da una distanza prettamente geografica) le situazioni interne, ad esprimere un pensiero che racchiude al contempo una paura ed una voglia di andare avanti bene, e non vorrei sia già troppo tardi.

È ora che i paesi come Ravello si aprano.

Fonte: Il Vescovado

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