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Lettere alla redazione

Una domenica particolare a Valle delle Ferriere

Inserito da (redazionelda), domenica 28 agosto 2016 12:08:05

di Benerice Carbone*

In queste ultime settimane d'agosto, fatta eccezione per i dolorosi episodi della recente cronaca nazionale (su cui non si è mancato di speculare), le pagine dei quotidiani locali hanno registrato preoccupanti articoli rilevanti la convulsa e mal gestita situazione in cui imperversa il mercato dell'accoglienza turistica in costiera: naturalmente, il tutto è stato efficacemente arricchito da pittoresche immagini di spazzatura variamente sparsa e d'ingorghi d'auto e pullman, governati a stento da impalliditi agenti di polizia urbana (pare che di questi esemplari ci siano ancora tracce). Ma nell'ultimo avamposto di una pseudo-civiltà che si auto-divora, per i viandanti alla ricerca di una pausa dal mercato della felicità gaudente o per quanti sono alla ricerca di posti in cui "staccare la spina", esiste un'oasi reale, uno di quei luoghi che si stenta a credere ancora possibili: Fore Porta.

Posta su un limes, non solo territoriale ma anche di offerta ricettiva, questa piccola realtà aziendale, gestita da due donne, madre e figlia, costituisce davvero un unicum. Passeggiando per i sentieri che conducono alla Valle delle ferriere, ci si imbatte in questo spaccato di storia: il locale attuale reca tracce di un antico deposito per attrezzi che era stato, in un tempo non lontano, un asciugatoio per la carta a mano, che a sua volta, era stato una dogana in cui versare un dazio per l'accesso alla "civitas" medievale, trasformato oggi in un punto di ristoro per flaneur contemporanei alla ricerca di armonie perdute con cui lenire le ansie del quotidiano. Un'eccezione eccezionale per chi vive in un contesto economico-sociale in cui il profitto e l'arricchimento spicciolo sono a portata di cassetto. Le due ancelle, infatti, dimostrano che l'alternativa è davvero possibile e accolgono i passanti con i prodotti ricavati dal loro incessante e duro lavoro quotidiano: spremute di limoni o arance a seconda delle stagioni e dei raccolti, miele delle loro api, pomodori, cipolle, agli, mazzi di origano profumato, acqua rigorosamente del rubinetto. Non ci sono plastiche perché le derive della società dei consumi sono bandite insieme alle sue scorie inquinanti: qui infatti, piatti e bicchieri sono in polpa di cellulosa o ricavati dal mais, non ci sono cestini per l'immondizia perché tutto deve essere riciclato ovvero differenziato per non creare problemi di accumulo. La forza della manualità è testimoniata anche dai cesti che abbracciano i prodotti della terra; li intreccia Mena, una delle gestitrici, con le sue mani sapienti, le stesse che si aprono, con un cenno di benvenuto, all'Altro che arriva, benedizione laica all'ospite sacro.

La differenza si evidenzia anche nel linguaggio: la narrazione del loro lavoro non registra lemmi quali "profitto e convenienza", ma sottolinea sempre la traccia del rispetto e della memoria- e si racconta del Nonno che ha conquistato col suo sudore quel fazzoletto di terra, riscattandolo con un passato da emigrante e con un ritorno in una "patria" sempre sognata nelle fredde notti d'ingrati Altri mondi e si respira ancora il ricordo della memoria e il rispetto per quello che è davvero possibile ottenere: conservare la memoria così come conservare un territorio è rispettarlo nelle sue possibilità. Qualcuno ha scritto che la memoria non è materia da lasciare all'appannaggio degli storici ma strumento degli innovatori, dei ribelli che cercano nuovi percorsi per trasformare il futuro e dunque questa appare come una possibilità contagiosa. Una bella pagina estiva e un'importante lezione politica: di chi sa incarnare la differenza e l'opposizione col suo vissuto quotidiano perché a "predicare le rette vie", siamo buoni tutti alla fine, però, "il Paradiso si conquista con la forza dell'amore e della passione" che strappa le difficoltà ai vissuti e le rende magiche realtà.

*docente e consigliere comunale di Amalfi

Fonte: Il Vescovado

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