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La Potenza che vince sulla prepotenza: l'esempio di Ravello

Inserito da Salvatore Sorrentino (redazionelda), venerdì 6 febbraio 2015 10:07:45

di Salvatore Sorrentino*

Non può essere diversamente. La Potenza (si badi, metto la P maiuscola, perché è sacra) deriva dal Potere, dalla gestione del Potere. Il Potere è quello che ti dà il popolo, il popolo sovrano, col suo voto.

Il Potere non è quello che ti si dà con una «nomina». Quello è solo un dono; di quello, devi dar conto al donante, e devi fare solo quello che ti comanda di fare il donante. Peggio ancora è quando il donatario è anche donante e il donante è anche donatario.

Sembra un discorso misterioso, complicato, sibillino; non lo è. Esso è molto semplice: io dono Ravello che vota a te, tu doni incarichi molto remunerativi a me; io dono incarichi molto remunerativi a te, tu doni i voti di Ravello a me. Semplice, no?

Ora, però, la "pazziella" è finita; e si avvia alla distruzione totale finale: a primavera.

A proposito, io devo chiedere scusa a dei giovani; mi riferisco al "gruppo di Forza Italia" (si badi, io ho rispetto per tutti i partiti, perché ritengo utile al paese la libera esistenza dei partiti, previsti dalla Costituzione della Repubblica Italiana), a quel gruppo, dicevo, autore di quel primo intervento contro il loro Sindaco e poi di quello sproloquio, che, solo una persona paziente come me, e che ama il Diritto amministrativo, può leggerlo interamente, e può comprenderlo. Quando vi ho un po' ripresi, usando termini piuttosto duri, io non sapevo che avevo a che fare con un gruppo di giovani, perché tali non vi eravate dichiarati.

Se vi foste dichiarati giovani prima, avrei usato tutt'altri toni e vocaboli, come si convengono da parte di un docente, ammirato e amato dal cento per cento di quelli che hanno avuto a che fare con lui, a dei giovani, che devono crescere nella democrazia e nella consapevolezza dei loro diritti e dei propri doveri, che devono essere educati a gestire il loro futuro in autonomia e in Libertà: Liberi da condizionamenti, Liberi da obblighi, Liberi da debiti, anche solo psicologici.

Così non ha potuto agire il vostro "maestro di prepotenza e non di educazione al vivere covile". Chiedete, se potete, ma io ne dubito, chiedete all'estensore del parere, redatto parecchio tempo fa, col quale siete stati costretti a rispondermi, chiedetegli se un segretario di un Collegio, il quale viene pagato, con denaro pubblico, per redigere un verbale, chiedete se può, impunemente, abbandonare il suo ufficio e il Collegio e andarsene.

Cari giovani, anche se tali non doveste essere, andrebbe bene ugualmente, io sostengo, e voi giudicherete liberamente, senza obblighi morali, né tanto meno materiali, se sbaglio, che quel segretario, innanzitutto non era né il TAR, né il Consiglio di Stato, per giudicare della legittimità o meno della seduta; poi non è quella la sede, dove si decide se un atto è legittimo o meno. In uno Stato di diritto, e la nostra cara Italia lo è, le decisioni si prendono a tempo e a luoghi previsti dalla Legge. Sappiate, giovani, che, anche se la seduta dovesse essere, un giorno, dichiarata illegittima, ma non lo sarà mai, io lo dico solo per vostra intelligenza, il risultato non cambierebbe per niente: ci si ri-convoca, si ri-vota, si ri-ottiene il medesimo risultato.

Ma, io capisco, anche se non giustifico, non ho mai giustificato, né in attivo, né in passivo, cosa può fare un donatario? Può abbandonare il suo donante? A voi la sentenza. E soprattutto a voi la lezione, per il vostro domani, liberi da ogni debito, liberi da ogni riconoscenza politica, liberi di decidere in piena coscienza e consapevolezza.

La prepotenza.

La prepotenza è destinata a perdere. Essa può anche vincere qualche volta, anche due. Poi, in uno Stato libero e democratico, deve perdere, deve fallire, deve finire, ingloriosamente. Non si può, non si deve comandare, spadroneggiare, tiranneggiare, impunemente. Nemmeno i camorristi, nemmeno i mafiosi lo possono fare. Anch'essi, alla fine, perdono, falliscono, finiscono. Ingloriosamente: o morti ammazzati, o in galera, o in un manicomio.

*già sindaco di Ravello

Fonte: Il Vescovado

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