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Chiudere la finestra della Costiera Amalfitana a malcostumi dilaganti

Inserito da (redazionelda), lunedì 24 agosto 2020 09:15:45

di Gabriele Cavaliere

La tumulazione delle ceneri di Luciano De Crescenzo nel Cimitero comunale di Furore mi ha riportato in mente un episodio accaduto qualche anno fa e mi ha portato ad una riflessione.

Più che le immortali uscite «s'avessa mbriacà a machina», di «siamo angeli con un'ala sola...()..», de «l'abbonamento addù Natasha»... coniate dal Professor Bellavista, «chiudo la finestra per impedire al buio di entrare» è la frase di Luciano De Crescenzo che più mi è rimasta impressa.

Gliela ripetetti a Maiori, parecchi anni fa, facendo la conoscenza del "maestro" che si trovava in quel luogo in occasione di una manifestazione culturale, forse la presentazione di un libro.

Mi ricordo che Lui sorrise. Con gli occhi. Come sapeva fare lui.

Quella frase Lui l'aveva pronunciata prima che iniziasse la sua carriera di scrittore. Quando era ingegnere alla IBM e qualcuno al settimo piano del palazzo in cui erano allocati gli uffici aveva aperto la finestra per far cambiare l'aria o, secondo lo scrittore, per guardare fuori. Ma fuori era freddo e nero come la pece, e forse era meglio, poiché il palazzo che ospitava gli uffici sorgeva in un'area alquanto degradata, che da troppi anni aspettava una riqualificazione che non arrivava mai. Gli uffici in cui si trovava De Crescenzo, al contrario, rappresentavano il progresso e l'efficienza. Puliti, riscaldati e ben illuminati, disseminati di scrivanie sulle quali erano sistemati modernissimi "calcolatori elettronici", come si chiamavano allora i computer. Quegli uffici incarnavano il luogo dove si stava costruendo il futuro. Cinquanta anni fa parlare di informatica, addirittura lavorare in qual campo, rendeva gli addetti ai lavori dei novelli Julis Verne, degli esploratori di nuovi mondi...

E tale era l'ingegnere De Crescenzo, un esploratore, della vita, un cacciatore del bello. Soprattutto. Fossero gli scritti dei filosofi antichi, le belle donne, oppure i luoghi del cuore. E, tra questi ultimi, più degli altri, un posto d'onore lo rivestiva la Costiera Amalfitana. In quell'occasione gli regalai una copia di La Costiera Amalfitana (uno dei primi libri di Officine Zephiro Editore) e lui mi disse che l'avevo reso felice poiché quelle pagine "racchiudevano un concentrato di bello", così lo definì, e raccontavano della "Sua" Costiera, i suoi riti, le sue storie, i sapori...

L'episodio della finestra mi ritorna sempre in mente ogni volta che sento o che leggo le grida di dolore, perché di questo si tratta, per il rassegnato sfacelo verso cui sembra avviata la nostra amata Costa.
Che non è mai stata così ricca economicamente. Ma mai così povera di cultura e di socialità.
Conseguenza tangibile di quanto dico sono il numero spropositato di malfunzionamenti, crolli, invasioni di erbacce e i cumuli di spazzatura che si registrano dove dovrebbero esserci parchi ed edifici pubblici che vennero inaugurate in pompa magna, le foreste di fili, antenne, tubi di scolo che "ornano" troppe facciate di palazzi, la "munnezza" ovunque, i depuratori che non depurano...

Eppoi c'è l'invasione di automobili e dei loro conducenti non sempre disciplinati che, quando non si accampano sulle spiagge o improvvisano pic nic sulle panchine, troppo spesso bighellonano per le piazze in costume adamitico... o si siedono ai bar-caffè-bistrò-ristoranti che ormai servono a tutti di tutto, spesso dimenticando che da noi, oltre che per il meraviglioso paesaggio, si viene, anche, per gustare i "nostri" prodotti e la nostra cucina. Qualcuno si è azzardato a definire il turista moderno "foodies", ossia «viaggiatore sensibile al patrimonio culinario locale» e da noi c'è chi spaccia il Pinot Grigio per vino autoctono!

Un grido di dolore, tra i più blasonati, lo lanciò qualche tempo fa Domenico De Masi, lamentandosi della mancanza di ogni attività di «vigilanza sulla memoria storica della propria comunità, non solo come dovere morale e civile ma anche come salvaguardia del valore patrimoniale del paese». Gli fece eco Raffaele Ferraioli che, da storico fustigatore del malcostume e della sciatteria costierina, arrivò a proporre l'istituzione di un "Tutore della Bellezza", ma per lo più niente si è mosso. Purtroppo. Si continua a incendiare le montagne!

Azzardo una piccola proposta. Tanto per iniziare a fare qualcosa di concreto. Come Luciano De Crescenzo chiudere la finestra, non più al buio della sera, bensì a quello delle anime nere e ai comportamenti infettivi. Ed eleggere la cappella di Luciano De Crescenzo, nel cimitero di Furore, totem di questo impegno.

Un monito a tenere sempre a mente chi siamo, la nostra grandiosa storia... e di chiudere le finestre a certi malcostumi dilaganti... e quale migliore occasione di ora, che buona parte della Costa si trova in periodo elettorale!

Fonte: Il Vescovado

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