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Emergenza Covid: il realismo e la speranza

Inserito da Antonio Schiavo (redazionelda), domenica 22 novembre 2020 17:25:38

di Antonio Schiavo

Ho letto con attenzione l'articolo di Antonio Scurati su Il Corriere della Sera.

 

Come al solito il suo scrivere è netto, puntuale, accattivante e sa cogliere l'essenza delle questioni incardinandole in descrizioni di paesaggio e contesto che lasciano il lettore senza parole.

 

Non sono certo io a poter muovere appunti al nostro concittadino ma mi sia consentito di esprimere alcune riflessioni di carattere generali proprio traendo spunto dalle argomentazioni brillantemente esposte.

1) È vero: siamo tutti più stanchi, direi più cinici, rispetto alla prima inaspettata ondata epidemica. Pur meno disposti (ma è umano) a giustificare, adesso, errori, ritardi, mancanze che speravamo di non dover più subire forti dell'esperienza maturata la scorsa primavera.

 

Invece ci troviamo a fare i conti con pochi che tirano ancora una volta la carretta (medici, personale sanitario, militari) ed altri che fanno passerella nelle televisioni - a volte ubiquamente su più reti contraddicendosi l'un con l'altro in un profluvio di supposizioni che dopo mesi di esperienza si sarebbero dovuti tradurre non dico in certezze ma almeno in chiarezza e onestà deontologica.

2) Pur facendo un esercizio difficile di comprensione non possiamo dimenticare, a meno di essere ipocriti, la sottovalutazione, in prima battuta della gravità del virus. Ricordate i sindaci che invitavano a continuare con gli aperitivi, o a mangiare involtini primavera.

 

E poi, durante l'estate la pia speranza che il Covid si autodistruggesse per incanto, svanisse in un batter di ciglia e poi siamo ancora una volta alle prese con il male come giustamente ha affermato Scurati, senza che fino a ieri si fosse fatto sentire il Generale Inverno con il suo impatto virulento sulla pandemia. Dove sono i vaccini antinfluenzali di cui si dichiarava già da maggio l'indispensabilità a livello di prevenzione generale?

 

3) È vero non siamo più disposti a cantare sui balconi, a dipingere arcobaleni bene auguranti ma, mettiamoci nei panni dei più, di quanti non si spiegano (forse malignamente) come per tutta una campagna elettorale i casi di positività siano stati sotto controllo per poi esplodere in maniera esponenziale. Quanti tamponi sono stati fatti in estate per garantire un livello di tracciamento statisticamente significativo?

 

Perché si è ironizzato sul nuovo centro di terapia intensiva in Lombardia considerandolo come una ulteriore, inutile cattedrale nel deserto e poi ci siamo ritrovati a curare i malati nelle ambulanze se non nei corridoi dei Pronti soccorso e a rimettere in piedi le tende militari? O continuare con la miopia delle razionalizzazioni ospedaliere che tanti danni hanno provocato, come ad esempio la decisione che ci tocca da vicino dell'ennesimo, brutale colpo al Presidio Ospedaliero di Castiglione.

 

4) È innegabile che ispirino solidarietà e, almeno nell'articolo, accorata simpatia i ristoratori e i baristi oggi costretti a chiusure o salti mortali. Faccio però fatica ad accomunare in questo sentimento le maestranze, gli stagionali, quelli che nelle grandi città oggi stentano a tirare avanti con i titolari degli stessi esercizi che, nei periodi di vacche grasse, ti facevano pagare una bottiglietta di acqua minerale due euro e mezzo o ti chiedevano (mi è capitato personalmente) dieci centesimi per macchiarti un caffè che già era al prezzo di un euro e venti.

 

Per non parlare di pizze Margherita a 15 euro, di cene come minimo a 70 euro a testa bevande escluse e via dicendo.

Questa stagione di pandemia, a Dio piacendo finirà, arriverà il vaccino sperando che sia solo lo strumento per sconfiggere il virus e non la stura ad una ennesima corsa alla speculazione e all'arricchimento delle multinazionali del farmaco oggi impegnate soprattutto a chi la spara più grossa sulla percentuale di efficacia.

Tutto questo avrà auspicabilmente una fine e dovremmo essere tutti più consapevoli e coscienti della nostra finitezza e vulnerabilità.

Soprattutto migliori in ogni senso.

Scurati chiude il suo bel pezzo con un invito al realismo per uscire dalla palude.

No sarà semplice né scontato ma è nostro dovere crederci.

Nonostante tutto.

Foto: Michele Abbagnara

>Leggi anche:

Antonio Scurati su CorSera: «Restiamo lucidi nel nostro inverno più difficile»

Fonte: Il Vescovado

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