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Scuola e Istruzione

Pesi e misure di questa società: laurea da “miseria e nobiltà”

La riforma della Pubblica Amministrazione crea una vera e propria distinzione tra lauree di "Serie A" e "Serie B" nel tempo in cui i titoli paiono avere sempre meno importanza

Inserito da (admin), domenica 5 luglio 2015 18:27:51

C'era una volta il pezzo di carta con 110 e lode ed il lavoro fisso e sicuro, per la gioia di mamma e papà. Cambia in fretta il mondo e man mano stanno venendo giù tutti i dogmi della vecchia società: via l'Articolo 18, sostituito dalle "tutele crescenti", via il valore inestimabile del voto di laurea. E' il progresso, bellezza! Si potrebbe pensare, eppure il tempo misero che stiamo vivendo apre ad una serie di considerazioni ben più profonde. Ma andiamo con ordine.

Un emendamento approvato nei giorni scorsi in Parlamento sul Ddl relativo alla Pubblica Amministrazione ha previsto, udite udite, il «superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l'accesso» e la «possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all'istituzione che lo ha assegnato». Tradotto dal burocratese, non conta più solo la valutazione dello studente ma anche la "reputazione", se così si può dire, dell'ateneo sulla base di una serie di criteri predisposti dall'Anvur, Agenzia Nazionale di valutazione del sistema del Sistema Universitario e della Ricerca. In pratica, un rampollo medio borghese laureato alla Bocconi vedrà legalmente riconosciuta la superiorità del "suo" titolo di studio rispetto a quello ottenuto da un collega laureatosi a Messina, a Salerno o a Bari. Fin qui niente di eclatante, se si considera che sul mercato del lavoro privato avviene già tutto questo ed i curricula pullulano di titoli da esibire, comprati molto spesso al market dei master post lauream che fanno tanto "figo" una volta conclusi. Il problema, e qui c'è il dato evidente, è che tutto ciò avrà valore anche per i concorsi pubblici dove, fino ad oggi, vigeva la regola, del tutto ideale e forse anche ideologica, del "più bravo che vince" e delle "differenze sociali che si annullano", come un po' speravano di fare i Costituenti che scrissero il secondo comma dell'articolo 3 della Carta.

Però...c'è sempre un però!

In rete in questi giorni in tanti, giustamente, gridano allo scandalo. E non possiamo che associarci, "forti" della nostra "laureetta" sudata, senza raccomandazioni, nella ben poco cool Università di Salerno. Chi, anche per pura combinazione, è entrato almeno una volta in vita sua in un'aula universitaria nel corso di una seduta d'esame, sa da tempo che, in ogni caso, già di per sé il punteggio di laurea ha ormai ben poco senso. Non può un numero, sommatoria di valutazioni singole ottenute nel corso di un percorso tortuoso e caotico, misurare in maniera equivoca le reali capacità di una persona. Se fosse così, Mario Balotelli giocherebbe al massimo in Serie B, in considerazione dello scarso rendimento mostrato nell'ultimo anno. Il mercato del lavoro, per come si è evoluto, misura sostanzialmente le competenze degli individui: conta ciò che sanno fare, non con quanto si sono laureati e dove. La laurea, il cui valore resta inestimabile, serve essenzialmente a fornire le basi per sviluppare capacità che il sistema d'istruzione italiano non fornisce più perché non a passo con i tempi, forse anche per un disegno ben preciso che ci tengono nascosto. Le riforme degli ultimi anni, d'altro canto, hanno solo tagliato le risorse per i meno abbienti, senza mai intaccare il potere dei baroni che spadroneggiano ancora indisturbati, bloccando spesso il progresso e devastando la vita di chi non ama vestire i panni dello "Yes man".

Cosa c'entra tutto questo? Il mondo di una volta, che ci ostiniamo a rimpiangere, sta semplicemente scomparendo: nello scomparire si arrocca, con un ultimo colpo di coda tragicomico. Nei prossimi dieci anni i "lavori tradizionali" saranno sempre meno e saranno sostituiti da altro. Secondo diverse stime, la metà dei contratti di lavoro stipulati negli ultimi cinque anni ha ad oggetto mestieri che non esistevano prima. Airbnb, per dirne una, è una startup fondata nel 2007: oggi in Spagna il numero di prenotazioni che giungono da portali simili superano quelle degli alberghi tradizionali ed il portale è considerato "il più grande hotel al mondo" dopo soli sette anni. In Italia, negli ultimi dodici mesi, gli alloggi presenti sono raddoppiati, passando da 75 mila a 150 mila. Fino al 2009, ancora, molti di coloro i quali stanno leggendo questo articolo nemmeno conoscevano Facebook. Oggi, probabilmente, siete su queste pagine dopo la condivisione di un vostro amico, oppure siete giunti a noi tramite i nostri canali social. La pubblica amministrazione italiana, come sempre in ritardo rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei, si sta trasformando e sempre meno persone avranno un posto "fisso " e "sicuro". Quest'ultimo atto, oltre ad essere anacronistico e privo di una visione politica che vada oltre la fine di questa rovente estate, denota un vero e proprio subdolo tentativo del potere costituito di salvare il salvabile, offrendo una risposta lavorativa a chi la cerca iscrivendosi alla Luiss o alla Bocconi (pagando fior fior di quattrini) i cui affari, alla faccia della crisi economica, continuano ad andare a gonfie vele. Oggi siamo qui ad indignarci: l'augurio è che, un domani, una risata possa seppellire tutto ciò.

Fonte: Il Vescovado

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