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Più paganti, meno passanti: resta questo l'obiettivo della "Divina"

Inserito da (redazionelda), sabato 15 maggio 2021 10:12:23

di Raffaele Ferraioli

Parlare di turismo in Costa d'Amalfi è un po' come parlare della nazionale di calcio: tutti hanno in tasca la loro formazione ideale che fatalmente risente del tifo per la propria quadra del cuore, che pretendiamo debba essere considerata la migliore. Questo incipit vuole mettere in risalto la proliferazione delle diverse scuole di pensiero in materia di turismo. Del resto questo sostantivo è uno dei più aggettivati, grazie alla fertile fantasia dei profeti e degli addetti ai lavori di questo settore.

A parte la parola magica sostenibile, probabilmente la più abusata del nostro dizionario, l'elenco degli attributi è infinito. Da un po' di tempo a questa parte si fa un gran parlare di turismo interattivo, esperienziale, partecipato, scaturente da una domanda sempre più colta, consapevole, affamata di narrazione, all'affannosa ricerca della storia e delle storie, delle diversità, dell'identità dei luoghi.

Tutti ammettono l'esistenza di questo nuovo turista, ne elogiano il comportamento, ne esaltano l'accresciuta capacità di spesa, ne auspicano una presenza quanto più assidua possibile, ma sono pochi quelli che si organizzano per esaudire le sue aspettative, per soddisfare i suoi bisogni.

Questa metamorfosi ha già prodotto notevoli benefici in quella parte del nostro terroir (ricorro al termine francese perché esprime meglio il concetto di una realtà intesa non solamente in senso fisico, ma soprattutto quello storico, culturale, sociale, identitario dei luoghi) che molti definiscono l'altra faccia della Costiera e che io preferisco denominare le terre di mezzo della Divina.

La nuova identità e i nuovi bisogni di questo viandante, subentrato al villeggiante, scaturiscono dalle mutate condizioni sociali e dai differenti modelli esistenziali imposti dalla globalizzazione. Differenze destinate ad accentuarsi col passare del tempo e a compiere fino in fondo quella sorta di miracolo che ci ha consentito di cogliere due obiettivi da sempre perseguiti: destagionalizzare e ridistribuire i flussi turistici sul territorio.

Altamente positivo è stato il coinvolgimento delle terre di mezzo, storicamente emarginate se non addirittura espulse dalla festa che si è celebrata finora lungo l'asse costiero per oltre un secolo e mezzo. Il posizionamento a ridosso della scogliera della borbonica statale "Amalfitana", aperta nel 1850, ha causato la gerarchizzazione dello sviluppo, avvantaggiando la fascia marina a scapito della montagna e originando uno squilibrio socio-economico pericolosissimo, in termini di rischio idrogeologico, fuga delle giovani generazioni dai fondi agricoli, degrado paesaggistico e ambientale.

Per le ragioni fin qui rappresentate possiamo ben dire che il terroir nella sua interezza e complessità sta vivendo un vero miracolo, un passaggio epocale che vede una realtà della quale dovevamo vergognarci per tutto ciò che marchia la povertà ad un universo " Nel quale", come dice Pino Aprile," l'unica cosa che vale è ciò che ci fa diversi, cirende riconoscibili, ci dà qualcosa da raccontare che gli altri non hanno e non sanno". Un mondo reinventato dove il turista è viandante e vuole essere non più semplice spettatore ma attore protagonista.

Alla luce di tali cambiamenti dobbiamo passare dalle parole ai fatti, dal dire al fare. Dobbiamo concretizzare il nostro impegno nel confezionare un'offerta in sintonia con le aspettative, i bisogni, le esigenze, le aspirazioni della domanda. La recente, progressiva esplosione nelle terre di mezzo di una domanda di sentieristica e, quindi, di trekking, footing e climbing; il crescente numero di enoturisti nelle nostre cantine; l'interesse sempre più vivo verso la nostra cucina della tradizione; la nostalgia dei sapori, la curiosità verso la nostra produzione agricola e artigianale sono precisi percorsi da seguire per assecondare la nuova domanda.

Il verbo da coniugare con rinnovata lena per perseguire l'ulteriore sviluppo delle terre di mezzo non certo a scapito bensì a supporto di quelle costiere è animare.

I turisti del futuro, preferibilmente più paganti e meno passanti non non saranno più più quelli del mordi e fuggi o del fuori porta, poco compatibili con le vocazioni della nostra realtà, bensì quelli che vanno a caccia di nuove emozioni e intendono vivere di persona le emozioni che il luogo scelto offre loro per divertirsi, acculturarsi, svagarsi, e non solo riposarsi.

E allora, solo a mo' di esempio, che ne direste se un contadino di Furore affrancato dall'azione erosiva di qualche scoraggiatore locale, seguace inguaribile della bandiera bianca, riprendesse a coltivare un po' di pomodori, magari lungo un sentiero (quello dell'Agave in Fiore andrebbe particolarmente bene), offrendosi di raccontare ai visitatori interessati la storia della pianta e insegnando loro a intrecciare un piennolo? Il tutto in un solo pacchetto: Apprendi, assaggi, acquisti a centimetro zero! Se consideriamo bene che un ‘ offerta del genere "salva" sia l'ospite che l'ospitante, è ripetibile in mille altre forme, soddisfa l'ospite nella sua aspirazione a partecipare, a scoprire a capire, consente al giovane furorese di sottrarsi dalla "schiavitù" del dover andare a fare il lavapiatti a Positano.

Punto di debolezza potrebbe essere proprio questo ragazzo: quasi sempre scettico e magari poco convinto della proposta. Anche per questo c'è un rimedio: istituzione di una Fabbrica di Idee Geniali per l'Occupazione (FIGO).

Fonte: Il Vescovado

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