Tu sei qui: CronacaL'insostenibile leggerezza del disobbedire
Inserito da (Redazione), giovedì 12 marzo 2020 10:49:15
di Christian De Iuliis*
Nutrendo pochissima fiducia nel genere umano (ma questo è un problema mio) non mi meravigliano, ancora oggi, le scene di assembramenti in piazza o degli assalti ai supermercati.
Così come non mi sorprende che molte persone ignorino beatamente tutti gli appelli a restare in casa e continuino a vivere come se nulla sia accaduto o stia per accadere.
Sono reazioni tipiche ai divieti per chi, generalmente, li accoglie come semplici consigli.
Ma aldilà della diffidenza, deprime l’atteggiamento dell’’italiano medio, che dinanzi ad ogni divieto si pone la domanda: "cosa ci guadagno se lo rispetto?".
Come se il rispetto di una regola imbastisse automaticamente una trattativa "dare-avere" tra il privante e il privato.
Così, finché il privato considera che tale deferenza non gli sia conveniente o che, addirittura, gli procuri un danno, non solo contravverrà ma riterrà che farlo sia persino incluso tra i suoi diritti.
E’ la tradizionale quanto insostenibile leggerezza del disobbediente italiano seguace di un equivoco anticonformismo, che al grido di "che me ne fotte a me?" rivendica il suo tornaconto mascherandolo da presunta libertà individuale.
Ma era indispensabile subire il flagello di un virus per capirlo? Non credo.
Di quanti altri esempi disponiamo: i limiti di velocità, gli abusi edilizi, l’evasione fiscale, i falsi invalidi.
Una prassi che dura fino a quando, per qualche motivo (alto rischio, elevata sanzione) il rapporto non si ribalta, cioè, finché si scopre che il rispetto del divieto, insperatamente, "gli conviene".
Da quel momento in poi l’italiano medio mostra un inusuale fedeltà alle direttive.
Spingendoci addirittura a sostenere che: "gli italiani danno il meglio di sé nei momenti di massima difficoltà".
Non sono pochi coloro che ritengono sia più assennato cercare di evitare, ogni volta, di raggiungerli.
Oggi sono rappresentati da quel popolo di eroi solidali, sopra la media, che lotta negli ospedali, infermieri e medici ai quali non riusciamo a dare ascolto nemmeno dinanzi alle evidenze scientifiche.
Qualche generazione fa gli italiani sono stati capaci di scendere in piazza per stravolgere norme anacronistiche e divieti sbagliati. Ottenendo straordinarie vittorie grazie ad alte forme, pesanti, di disobbedienza civile.
E’ la recente, pessima, scolarizzazione ad impedirci di comprendere quali sono le norme alle quali conviene sempre, e subito, attenersi, anche se sembrano non procurarci nessun tornaconto?
Da questo punto di vista, erano forse migliori i nostri padri?
*architetto, scrittore, opinionista
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Fonte: Il Portico
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