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La scomparsa delle aspettative al tempo della crisi

Inserito da (redazionelda), venerdì 30 ottobre 2015 18:01:34

di Raffaele Ferraioli*

Fra i bisogni fondamentali dell'uomo lo psicologo colloca quello dell'autostima, che può essere definita: "L'idea che ciascuno ha di sé stesso". Quando il suo livello si abbassa s'innesca il circolo vizioso dell'accidia, dell'inerzia, dell'ignavia, dell'indecisione, dell'indolenza, della rinuncia, della desistenza, della pigrizia mentale. Finisce per subentrare quel senso d'insicurezza, di smarrimento, quasi di paura, che via via azzera ogni aspettativa. Una società senza aspettative è destinata a un lento quanto inarrestabile declino.

Come hanno avuto modo di accertare illustri studiosi di psicologia sociale, sono questi i danni più gravi prodotti dalla perdurante crisi dell'economia. Un malessere diffuso, molto più grave di quel che appare e che si traduce in un senso di insoddisfazione, di angoscia, quasi di castrazione. Una condizione che trasforma i desideri in bisogni, con tutte le conseguenze negative che ne derivano.

Nella stessa misura in cui il desiderio è umano, nobile, duttile, paziente per certi aspetti poetico, impregnato di richiami nostalgici, il bisogno è animalesco, plebeo, rozzo, volgare, intransigente, ottuso, categorico, irremovibile. La crisi ha prodotto una metamorfosi poco appariscente ma inequivocabile: ha fortemente attenuato il primo e fatto esplodere il secondo. In particolare è accaduto che all'affievolimento del desiderio di essere si è sostituito il bisogno di avere.

In passato larga parte della società era disposta a credere nel bicchiere "mezzo pieno". Oggi i più sono portati a pensare che il bicchiere sia "mezzo vuoto". Alla larga schiera dei motivati, degli impegnati, animati dalla voglia di fare, di vincere, di affermarsi, di realizzarsi, si è sostituita quella dei dubbiosi, degli incerti, degli indecisi, degli ansiosi, degli scettici e finanche dei cinici. L'imprevido motto "mai dire mai!" è stato surclassato dal pavido "chi si accontenta gode"!

Siamo diventati tutti più prudenti, più cauti, più pusillanimi. Non osiamo osare. Abbiamo smesso di coltivare speranze, accarezzare sogni, inseguire utopie, perseguire obiettivi. Non riusciamo più a metterci in discussione, a misurarci, a competere. La fiducia in noi stessi e negli altri è svanita. Viviamo alla giornata, giochiamo in difesa. Facciamo catenaccio, non attacchiamo, non tiriamo in porta e, quindi, non segniamo. In questo modo siamo destinati a perdere la partita prima ancora di averla giocata.

Uscire da questo terribile circolo vizioso non è per niente facile. A prescindere dalle alchimie trite e ritrite, escogitate dagli economisti di turno, in ordine alla " crescita del PIL", alla "ripresa della Borsa", al " blocco dell'inflazione", all' "incremento della disoccupazione", potrebbe rivelarsi utile una terapia intensiva basata su forti dosi di speranza, con iniezioni di fiducia almeno tre volte al giorno. Ma a quali medici dovremmo affidarci? Scartati, per ovvi motivi, quelli che hanno causato questo stato di cose, restano i loro sostituti, che si stanno dimostrando sempre più sprovveduti e incompetenti.

A questo punto non ci resta che dare a "rottamati" e "rottamatori" il suggerimento caro al grande Albertone nazionale: "Fatevi una passeggiata a...quel paese!".

Da parte nostra noi tenteremo di praticare quel training autogeno, pur esso consigliato dallo psicologo che è, forse, l'unico rimedio possibile, capace di farci trovare in noi stessi la forza per tornare a credere, a sperare, a sognare.

*sindaco di Furore

Fonte: Il Vescovado

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