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Usura, estorsione e immigrazione clandestina nel Salernitano: 28 arresti e sequestro di beni per oltre 1,4 milioni di euro

Il 5 marzo, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Salerno hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali e ad un decreto di sequestro preventivo d'urgenza nei confronti di 28 soggetti (di cui 12 in carcere, 12 agli arresti domiciliari e 4 misure interdittive del divieto di esercitare attività professionali), procedendo contestualmente a cautelare beni e valori per un importo superiore ad 1,4 milioni di euro.

Inserito da (Redazione Costa d'Amalfi), giovedì 6 marzo 2025 10:41:33

Il 5 marzo, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Salerno hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali e ad un decreto di sequestro preventivo d'urgenza nei confronti di 28 soggetti (di cui 12 in carcere, 12 agli arresti domiciliari e 4 misure interdittive del divieto di esercitare attività professionali), procedendo contestualmente a cautelare beni e valori per un importo superiore ad 1,4 milioni di euro.

Ai predetti, vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, usura, esercizio abusivo dell'attività finanziaria estorsione, favoreggiamento, truffa ai danni dello Stato, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di valori, emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e reimpiego di denaro provento di reato, oltre ad illeciti in materia di contrasto all'immigrazione clandestina.

Le ipotesi accusatorie, suscettibili di diversa valutazione nelle successive fasi del giudizio, scaturite da una complessa attività investigativa condotta dal Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Salerno, riguardano l'operatività di un sodalizio criminale con base operativa nel comune di Samo, il cui capo e promotore risulterebbe individuato in M. G., stabilitosi da tempo nell'agro nocerino-samese, sebbene già appartenente, come statuito da una sentenza passata in giudicato nel 2015, all'omonimo clan camorristico, storicamente operante nella Valle del Lauro (AV).

In particolare, detto gruppo criminale avrebbe posto in essere, come da contestazione, numerosi delitti di usura ed estorsione ai danni di imprenditori e soggetti economici in stato di difficoltà; parallelamente, attraverso società fittiziamente intestate a terzi, sarebbe riuscito ad ottenere finanziamenti agevolati dalla garanzia dello Stato, così procurandosi profitti che venivano utilizzati sia come provvista per l'elargizione di ulteriori prestiti usurari sia per l'acquisto di beni o altre utilità.

Il meccanismo fraudolento posto in essere - per come ricostruito attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, la disamina di documentazione contabile, accertamenti bancari su un numero rilevante di rapporti di conto corrente personali e societari - avrebbe coinvolto a monte alcune società di capitali di cui gli indagati acquisivano, in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo, simulando successivamente la solidità patrimoniale e finanziaria, presupposto per ottenere indebitamente prestiti da parte di aziende di credito, coperti dal Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese; ottenuta in tal modo l'erogazione della liquidità, le rate del prestito ricevuto non venivano onorate, cagionando un danno economico allo Stato garante e traendone un profitto personale attraverso la distrazione delle somme ricevute.

In tale contesto, rilevano il ruolo di un commercialista nonché di due direttori di filiali di banca, ai quali è contestato di aver prestato la propria opera professionale al fine di favorire consapevolmente gli interessi economici della organizzazione mediante consulenze economico-finanziarie non veritiere.

Nel programma criminoso dell'associazione vi era anche il favoreggiamento dell'ingresso illegale di cittadini extracomunitari nel territorio dello stato mediante l'inoltro di istanze finalizzate alla costituzione di fittizi rapporti di lavoro dipendente, attivati da società compiacenti.

In particolare, sono state oggetto di approfondimenti investigativi 506 istanze, inoltrate, nel corso dei cosiddetti click day, con il preordinato fine di non procedere ad alcuna assunzione ma di ottenere illecitamente il visto d'ingresso, dietro corresponsione di un compenso pari a 5.000 euro per ogni nulla osta rilasciato.

Si evidenzia che i richiamati provvedimenti cautelari sono stati emessi sulla base degli elementi probatori acquisiti in fase di indagini preliminari, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione d'innocenza.

Fonte: Il Portico

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