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Coronavirus, contagi, Costiera amalfitana, stigma sociale, vergogna

Essere positivi al Covid-19 non è una vergogna, quando la trasparenza tutela gli altri ed evita la caccia all’untore

In paesini piccoli come quelli che compongono la Costiera amalfitana è assai facile riuscire, tramite il passaparola, a risalire a chi è stato colpito dal Coronavirus. Così, è ancora sviluppato un alto senso di vergogna: chi risulta positivo non vuole assolutamente che si sappia

Inserito da (Maria Abate), lunedì 11 gennaio 2021 14:48:14

È ormai acclarato: i contagi da Covid-19 in Costiera Amalfitana sono risaliti. Su tutto il territorio il numero dei positivi all'11 gennaio ammonta a 237.

In paesini piccoli come quelli che compongono la Divina è assai facile riuscire, tramite il passaparola, a risalire all'identità di chi è stato colpito dal Coronavirus. Ma nonostante sia passato un anno dall'inizio della pandemia, è ancora diffuso un alto senso di vergogna: chi risulta positivo non vuole assolutamente che si sappia.

E spesso questa vergogna è giustificata dalla paura dello stigma sociale. Ma, talvolta, specie nel caso di persone che hanno un'attività esposta al pubblico, non dirlo peggiora le cose. Perché, si sa, la paura dell'ignoto genera confusione e atteggiamenti irrazionali.

Così accade che, sotto i bollettini comunali postati sulle pagine Facebook istituzionali, vengano lasciati commenti che possono sembrare "cattivi". È il caso di un commento apparso oggi sotto l'annuncio del Comune di Praiano, dove un cittadino, in apprensione per la probabilità di aver avuto un contatto con persone risultate positive, ha scritto: «Buongiorno visto che - suppongo - siano quelli della macelleria, noi che siamo andati fino a sabato sera in macelleria come dobbiamo comportarci? Vi ringrazio».

Un commento del genere non sarebbe stato scritto se ci fosse stata maggiore chiarezza. Il Comune deve garantire la privacy ai contagiati, ma se i diretti interessati dessero l'ok a pubblicare la propria identità si eviterebbero situazioni scomode.

Con questa considerazione non si vuole condannare chi non lo dice, ma ribadire che essere positivi al Covid-19 non è una vergogna. Dirlo, avendo un'attività al pubblico, è un modo per aiutare i compaesani a tutelarsi, consentendo loro di fare un tampone nel caso dovessero avvertire sintomi (senza che possano scambiarlo per un raffreddore di stagione).

Ci sono stati casi in Costiera di titolari di un'attività che hanno detto pubblicamente di essere positivi con grande senso di responsabilità. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati la direttrice dell'Ufficio Postale di Furore e i proprietari dell'Eni Cafè di Maiori. E in entrambi i casi hanno raccolto la gratitudine dei cittadini, che ne hanno apprezzato la trasparenza. Come effetto secondario, comunicandolo con schiettezza, hanno evitato i pettegolezzi o, peggio, la caccia all'untore.

«La letteratura indica chiaramente come lo stigma e la paura nei confronti delle malattie trasmissibili ostacolino l'implementazione di corrette risposte di sanità pubblica. Serve, quindi, creare un clima di fiducia nei confronti dei servizi sanitari e delle raccomandazioni sanitarie affidabili, serve mostrare empatia con le persone colpite, spiegare la malattia e adottare misure efficaci e facili da mettere in pratica in modo tale che gli stessi cittadini possano proteggersi e proteggere i propri cari», ha spiegato il Professore Associato di Psichiatria dell'Università di Verona Antonio Lasalvia.

E noi sposiamo a pieno il suo appello e ribadiamo a caratteri grandi: ESSERE POSITIVI AL COVID-19 NON È UNA VERGOGNA.

Fonte: Positano Notizie

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