Tu sei qui: Storia e StorieUn amico vero
Inserito da (Admin), mercoledì 9 febbraio 2011 12:33:31
di Antonio Schiavo
L'altra sera ho parlato a telefono con il mio cane.
Usando il vivavoce, lo chiamavo e lui, abbaiando, mi rispondeva. Per lo meno mi illudevo che lo facesse.
Ma si può essere più scemi?
Per anni ho guardato, con sdegno supponente, quelli che mi raccontavano le mirabilia del proprio animale, considerandoli visionari e un po' bambini.
Con un'ipocondriaca puzza sotto il naso, non mi capacitavo di come si potessero far leccare o consentissero loro di salire su divani e letti, dopo che avevano fatto i propri bisogni per strada.
Mi sembrava stupido che qualcuno potesse fare tante smorfie per una bestia: coccolarla, portarla a passeggio, farle indossare quei ridicoli impermeabilini.
"In casa mia, mai un cane!" Un'altra di quelle panzane assiomatiche e presuntuose che, esentasse, si dicono mentre stai convolando a nozze per darti le arie di uno che la sa lunga. Come quell'altra "I miei figli rientreranno a casa prima di mezzanotte tutti i sabato sera" e ti ritrovi, poi, insonne, a misurare a passi la camera da letto mentre fuori albeggia.
"In casa mia mai un cane!" e, invece, ti sciogli quando vedi quel batuffolo girovagare per casa chiedendoti come hai fatto a farne a meno fino a oltre cinquant'anni o, mentre apri la porta, sai che almeno qualcuno è felice di rivederti e te lo dimostra con uno scodinzolio vorticoso e un'irrefrenabile vivacità.
Sì perché, fino ad ora, nel migliore dei casi, i tuoi figli ti avevano si e no degnato di un cenno distratto con la testa perché troppo impegnati in una irrinunciabile chat su Facebook oppure nell'asta all'ultimo euro del Fantacalcio. La cosa straordinaria è che, in cambio di tutto ciò, il tuo cane non ti chiede nulla: è gratificato da una semplice carezza, si accontenta se gli lasci "sbranare" una pantofola o se gli consenti di accovacciarsi ai tuoi piedi mentre guardi la televisione.
Come dicevo all'inizio, sarà suggestione, ma ho avuto la netta sensazione, quasi due mesi fa, quando mamma se ne andava, che Ulisse (si chiama così il mio cane) riuscisse a sentire e comprendere la mia tristezza e, vedendomi piangere, cercasse, appoggiandosi delicatamente alle mie gambe, di comunicarmi che, se ne avessi avuto bisogno, lui c'era.
Fonte: Il Vescovado
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