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Dissesto idrogeologico in Costa d'Amalfi: cosa fare?

Inserito da (redazionelda), martedì 14 gennaio 2020 10:29:17

di Raffaele Ferraioli

Il fenomeno di sfascio diffuso del territorio in Costa d'Amalfi, pur avendo interessato un vasto fronte, è solo un segnale di allarme rispetto ad uno scenario ben più ampio e preoccupante che si profila all'orizzonte e che impone un impegno non più procrastinabile se si vuole evitare la catastrofe.

Gli episodi verificatisi nei giorni scorsi dimostrano la grande fragilità dei versanti, sia delle zone boschive e adibite alla silvicoltura che di quelle terrazzate e trasformate in fondi agricoli.

Nel primo e nel secondo caso la progressiva fuga dell'uomo e il conseguente spopolamento per cessata "convenienza" e insufficiente remunerazione degli addetti ai lavori i rimedi, vanno urgentemente bloccati. Il devastante fenomeno dell'abbandono e del mancato presidio di aree sempre più vaste del versante che va da Positano a Vietri sul Mare ripropone scenari che non è esagerato definire apocalittici.

Ai rimedi tampone del ripristino realizzato con il rito della somma urgenza, occorre affiancare politiche vere di riassetto territoriale, che in tempi medio-lunghi, attraverso una corretta pianificazione, possono salvare il territorio amalfitano.

Secondo il mio modesto parere si ripropone, fra gli altri, il rilancio dell'agricoltura e della silvicoltura, entrambe attanagliate da un'evidente, progressiva crisi.

Un obiettivo da perseguire con un impegno forte è dar vita ad un nuovo comparto produttivo di grande significato per l'economia agraria della nostra area.

Dare una nuova destinazione a questi terreni che altrimenti rischiano di rimanere incolti, attraverso investimenti sia pubblici che privati e significa creare buone prospettive di reddito per chi voglia superare il monoteismo del turismo. Delle opportunità offerte da una corretta e ben studiata riconversione agricola abbiamo già abbondantemente parlato, ma non è l'unica strada da percorrere per uscire dal guado. Analoghe prospettive potrebbe offrire la silvicoltura, storicamente legata alla produzione di pertiche e pali destinati alla costruzione dei pergolati destinati a vigneto e agrumeto.

Avviare progetti di impianti di pioppicoltura e arboricoltura da legno con latifoglie di pregio non è un'utopia. La fattibilità di tale riconversione è avvalorata dalle considerazioni di seguito elencate:

 

  • Attivitàcolturali piuttosto limitate;
  • Tempi di attesa dei ricavi non eccessivamente lunghi;
  • Dimensione contenuta dei capitali da investire;
  • Trend della domanda positivo;
  • Buone prospettive di reddito;
  • Salvaguardia nel tempo del valore dei suoli;
  • Riduzione del deficit di legname da parte dell'industria del legno.

 

Per perseguire tale opportunità è necessario un progetto che preliminarmente selezioni le varietà botaniche maggiormente compatibili con il paesaggio e adatte all'ambiente naturale della nostra area e capace di conciliare gli obiettivi di medio e lungo termine degli agricoltori, dei proprietari dei suoli e degli industriali del legno.

Bisogna partire dall'avvio di una vasta opera di divulgazione, formazione e assistenza tecnica e dare continuità alle azioni di incentivazione finanziaria da parte della Pubblica Amministrazione E' auspicabile ricondurre ad un unico centro di coordinamento (Comunità Montana, Parco dei Monti Lattari, Distretto Turistico, GAL) le diverse unità produttive integrate per azioni comuni, concordate e condivise.

Perchè non provare?

Fonte: Il Vescovado

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