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Il cinema a Ravello

Inserito da (redazionelda), martedì 8 ottobre 2019 07:15:50

di Antonio Schiavo

Questa è la storia (sembro tanto Maria De Filippi) di... un film di cui i ragazzi ravellesi di tanti anni fa - oggi sulla sessantina - non ricordavano e non ricordano né la trama né il titolo.

Ma... procediamo con ordine.

Tra le tante benemerenze da ascrivere al compianto Don Giuseppe Imperato c'è quella di aver riportato il cinema a Ravello, inteso anche come sala di proiezione.

Niente di trascendentale, per carità, non solo in confronto alle megagalattiche multisala di adesso ma anche ai cinema di allora: il Diana e l'Iris ad Amalfi e il Fiamma a Maiori. Era però almeno un importante punto di aggregazione per giovani e meno giovani di Ravello che a frotte accorrevano agli spettacoli del sabato e della domenica.

Una platea e una galleria con sedie non proprio comodissime di legno (qualcuna reggeva l'anima coi denti), uno schermo tutto sommato regolamentare in fondo a quella che oggi è la Pinacoteca-Sacrestia della Cattedrale, un piedistallo (mi pare) in fondo alla galleria con annessa balconata a reggere un mastodontico proiettore.

Gigantesche "pizze" con le pellicole in arrivo da una non meglio precisata casa di distribuzione (forse della Curia) con i chierichetti che si alternavano per trasportarle in sala.

Don Peppino provvedeva ad affiggere la locandina su un trespolo ligneo antistante l'Azienda di Turismo, "faceva" i biglietti, si trasformava (poi sostituito dall'On. Ansanelli) in operatore di proiezione e...

E poi girava, protetto dalla penombra, fra le sedie con una bacchetta sottile con la quale frenava i primi bollori ormonali dei ragazzi, costretti a limitarsi al massimo ad una timida carezza sulle mani o, i più coraggiosi, ad un fugace tentativo di appoggio del braccio sulla spalla della vicina di sedia.

Il cinema parrocchiale era comunque sempre sufficientemente affollato nonostante fossero in programma film di terza visione, soprattutto western, commedie con Franco e Ciccio, qualche polpettone fantozziano o lungometraggi di argomento religioso.

Non ho perso il filo del discorso e vengo al punto iniziale.

In un week end fu proiettato un film pallosissimo di un regista francese che per niente al mondo avrebbe meritato la spesa ancorchè esigua del biglietto.

Eppure ottenne un successo di pubblico giovanile maschile sia per merito del manifesto promozionale sia per pochi fotogrammi (forse nemmeno una scena) dove l'attrice francese - questa sì che me la ricordo! - Annie Girardot si mostrava come mamma l'aveva fatta.

Oddio, non esageriamo: di evidente, per qualche nanosecondo, c'era solo il seno, il resto lo potevi solo immaginare tra le sapienti sfumature e dissolvenze del regista.

File di adolescenti il sabato e, grazie a uno straordinario passaparola, sold out anche la domenica e richieste di repliche a Don Peppino che, intento nei suoi giri di ricognizione in penombra non si era (ahilui) accorto di nulla.

Quella breve scena con Annie Giradot, che poi non era neanche un granchè, oggi susciterebbe sarcasmo e ironia nei giovanissimi abituati a spettacoli e film ben più espliciti anche con l'ausilio della Rete.

Eppure allora riusciva ad obnubilare le menti di noi ragazzi gnoccoloni e ad imprimersi nei nostri sogni e nelle nostre prime, ingenue fantasie erotiche.

Non sembri blasfemo se credo che oggi, da lassù, Don Peppino senior sorriderà di quella piccola distrazione della quale quegli adolescenti ravellesi, oggi alle prese con molti capelli bianchi e con l'artrosi, gli sono ancora infinitamente grati.

Fonte: Il Vescovado

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