Tu sei qui: Storia e Storie"Muorto ‘o criaturo nun simme cchiù cumpare". La saggezza di un popolo (40)
Inserito da (redazionelda), martedì 2 ottobre 2018 11:04:15
di Antonio Schiavo
Come avevo previsto e mi ero augurato la full immersion di un mese a Ravello per le vacanze estive ha dato nuova linfa a questa ricerca a ritroso nel tempo.
Durante le passeggiate quotidiane tra i vicoli e le soste in piazza per mille fotografie (almeno fino a che i nuovi padroni della stessa ce lo consentiranno) il bagaglio di detti locali tipici si è nuovamente rimpinguato.
Devo dire con piacere che a ciò hanno contribuito anche parenti e amici pronti a dedicarmi un attimo per proseguire insieme a me questo meraviglioso viaggio giunto, addirittura, alla quarantesima puntata.
Riprendiamo quindi il cammino.
"Che t'e mangiato? Pane e caso, nun se dicene ‘e fatte d'a casa":
Nelle faccende familiari è meglio osservare la maggior riservatezza possibile.
Simme jute ‘nparaviso pe scagno:
Ce l'abbiamo fatta a stento.
Adda truvà ‘na casa caruta:
E' consigliabile che si accompagni con una donna quale che essa sia.
E' arrivata ‘na scopa nova:
Quando c'è un cambio al comando molte cose vanno cambiate anche solo per dispetto o ripicca nei confronti di chi ci ha preceduti:
A Dio pruvvisto no a Dio pruvvede:
E' importante essere previdenti e lungimiranti.
Chi ce steva? Eh Giusummina, Piariello, tanta gente!
Quando si vuole esaltare una partecipazione di pubblico o di amici in realtà inesistente.
Nun va' quatto sorde ‘o muntone:
Non vale nulla, è un tipo o una cosa di poco conto.
Nun è levato schizzo ‘a terra:
Sta piovendo a dirotto e ininterrottamente.
E' ditto mamma ca o pruove:
Quando ti viene servita una pietanza in dosi da nouvelle cuisine.
Sta cantanno a' fronne ‘e limone:
Di chi canta a cappella a distesa, comunque con buona capacità.
Mangia grazia ‘e Dio e caca riavule:
Espressione grossolana per indicare chi, dopo gustoso pranzo o cena, evacua abbondantemente e "profumatamente".
Io nun tengo vuccularo:
Quello che penso, dico, senza ipocrisia.
Statte riuno cu ‘a pummarola:
Risposta che si dà a chi insistentemente chiede cosa si mangi. Questo detto veniva utilizzato durante la guerra e nel primo dopoguerra per esorcizzare con un po' di ironia la miseria reale che si viveva in ogni casa.
S'è ‘nguaiato pe' na scesa ‘e cannarone:
Esatta antitesi del modo di dire precedente. Si dice di chi si becca una indigestione per aver mangiato troppo o cibi a cui è intollerante.
S'è miso cu ‘a capa e cu ‘o pensiero:
Si è messo realmente d'impegno.
Tene ‘a capa a viento ‘e terra:
E' svagato, ha la testa fra le nuvole, è inaffidabile.
Aceno ‘ncoppa aaceno s'arriva a fa ‘a macena:
Piano piano si realizzano i progetti, basta avere costanza e buona volontà.
A' o viecchio ce prore ‘o cupierchio:
Si dice per stigmatizzare i bollori senili quando dovrebbe essere calata la pace dei sensi.
Muorto ‘o criaturo nun simme cchiù cumpare:
Si dice di chi, finito il comune interesse, non ritiene di dover mantenere più rapporti con l'altro. Siamo solidali e ostentiamo amicizia solo quando abbiamo bisogno.
(continua)
Fonte: Il Vescovado
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