Tu sei qui: Storia e Storie"‘O sparagno nun è maje gauragno": la saggezza di un popolo (41)
Inserito da (redazionelda), domenica 20 gennaio 2019 14:44:19
di Antonio Schiavo
Anno nuovo, rubrica...nuova!
Ma come? Diranno i nostri affezionati lettori, siamo arrivati alla quarantunesima puntata e si parla di novità?
Ebbene sì, l'affermazione non è la conseguenza dei postumi di abbondanti libagioni sulla tavolate natalizie alle quali, peraltro, il curatore di questa passeggiata nel tempo non è avvezzo, ma è la conferma che mai, come quando si ritrova la via di casa, la saggezza di ieri apra sempre le nostre menti a considerazioni e orizzonti che sembrano (anzi sono) di grande attualità e freschezza.
Riprendiamo il cammino:
Quanto spienne, tanto appienne:
Non sempre lesinare su una spesa porta ad acquisti di qualità. Questo proverbio fa il paio con:
‘O sparagno nun è maje gauragno:
In antitesi a questi due detti c'è:
Sparagno e cumparisco:
Me la cavo con poco e faccio bella figura;
Votta subbito ‘a valanza a via d'o gruosso:
Si dice di una persona irascibile, che s'infiamma repentinamente;
‘O cane mozzeca sempe ‘o stracciato:
Al peggio non c'è mai fine. A pagare il prezzo più alto sono sempre quelli messi peggio.
Vole pappa, zizze è nonne:
Di chi non si accontenta mai;
Ogni vutata ‘e lengua:
Ad ogni piè sospinto; di chi trova sempre l'occasione per ribadire un concetto, un'offesa o una mortificazione;
C'avimme fatte unu pesce:
Siamo bagnati fradici;
Vene sempre cu ‘a neve dint'a sacca:
Si dice di chi è frettoloso, ma anche di chi non vuole approfittare oltremodo di una ospitalità generosa;
Fatte ‘a rasse!:
Vai via! Scostati!.
A questo proposito ricordo che il 15 agosto i nostri nonni si riunivano su un poggetto del nostro cortile d'infanzia e recitavano questa giaculatoria:
" Falso, nemico, fatte ‘a rasse,
ca cu mico nun ce passe;
oggi è il giorno della Vergine Maria,
me faccio ciente cruce e dico ciente Ave Maria"
durante il rosario per l'Assunta;
Nun arrivo a zappà ‘a chiazza mia me vaco a ffà a meza jurnata dint' a chella e l'ate:
Non riesco a portare a termine i miei impegni quindi mi sembra assurdo dare disponibilità per lavori di altri. ( Di questo proverbio siamo debitori con Davide Cantarella, degno nipote di un altro grande saggio del nostro territorio e cioè Cumpà Cosimo);
E' ‘na molla ‘e vrachiera:
E' un imbelle, un inetto, un buono a nulla;
Scuopre ‘e fa juorno:
Quando ci si rende improvvisamente conto di qualcosa.
Ce aggio fatto ‘ a chiaia a recchia:
Ho tentato di convincerlo in tutte le maniere;
Nuvantanove chiaje e ‘a cola fraceta ( ‘o ciuccio e Fechella o Fechillo):
E' un detto che si attaglia soprattutto ai malati immaginari;
Ce mancano ‘e quatte lastre e ‘o lamparulo:
Si dice di un oggetto o di una situazione a cui manca praticamente tutto o , nel secondo caso,che si stenta ad iniziare.
(continua)
Fonte: Il Vescovado
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