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14 anni alla donna che sgozzò il marito

Inserito da (admin), mercoledì 14 ottobre 2009 00:00:00

Lucia Vitale, la donna di 33 anni che l’8 agosto 2008 uccise il marito, Giovanni Di Marino, sgozzandolo con una roncola da giardino, è stata condannata a 14 anni di reclusione, con i primi 3 anni da scontare in un ospedale psichiatrico.

Ad emettere la sentenza, al termine del processo celebratosi con il rito abbreviato nel pomeriggio di ieri e dopo una lunga mattinata di interrogatori, è stata il giudice Elisabetta Boccassini del Tribunale di Salerno. La decisione del Gup riconosce la semi-infermità della donna, come certificato dalla perizia medica effettuata dal dott. Petruzziello, il consulente tecnico incaricato dalla Procura della Repubblica di valutare le condizioni psichiche dell’imputata.

Al momento dell’uccisione, infatti, la Vitale aveva piena consapevolezza di quello che stava per compiere, ma, essendo affetta da tempo da una profonda crisi depressiva e da turbe mentali, le è stata riconosciuta la semi-infermità mentale. E tutta la linea difensiva dell’avv. Barbara Mauro, legale della donna, si è basata su questa convinzione.

Di tutt’altro parere la requisitoria dell’avv. Ugo Della Monica, legale della famiglia Di Marino, che invece aveva chiesto la completa capacità di intendere e di volere ed il massimo della pena, oltre alla costituzione di parte civile per i due figli minorenni, come richiesto anche dall’avv. Maurizio Mastrogiovanni.

Trova, dunque, il suo epilogo giudiziario il drammatico delitto di S. Arcangelo. La tragedia si consumò nella piccola casa di via Ido Longo, quando, nella calda mattinata dell’8 agosto 2008, Lucia aspettò che il marito andasse in cucina per fare colazione per colpirlo alle spalle, tranciandogli nettamente la carotide. La morte per il povero Giovanni fu rapidissima, come poi accertato dall’esame del medico legale.

Dopo l’atroce gesto, come se nulla fosse successo, la donna tornò a letto a dormire, cadendo in un sonno profondo provocato dal cocktail di farmaci che aveva ingerito. A scoprire l’assassinio fu il padre della vittima.

Fonte: Il Portico

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