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Cronaca

L'impresa dell'arch. Lambiase contro l'embargo

Inserito da Lello Pisapia (admin), martedì 4 settembre 2001 00:00:00

"Le vie della solidarietà e della pace": così l'architetto cavese Emilio Lambiase, 45 anni, ha chiamato la sua ultima impresa, realizzata tra il 12 ed il 17 agosto. Percorrere in bicicletta la distanza di oltre 1000 Km, in gran parte in pieno deserto, tra Damasco (Siria) e Bagdad (Iraq): potrebbe sembrare una grande impresa sportiva, una di quelle alle quali ormai l'arch. Lambiase ci ha abituati. Ma in questo caso l'aspetto agonistico riveste un ruolo marginale. Manifestare contro ogni forma di raid ed embargo: era questa la principale motivazione alla base di tale iniziativa. "In effetti questo tour - ci rivela Emilio Lambiase - si inserisce nell'ambito di un progetto più ampio, che mi vede impegnato con la bici ovunque ci sia la necessità di rappresentare e divulgare le sofferenze patite da vittime innocenti. Cuba e la Palestina in precedenza; ora Bagdad, per testimoniare a tutta l'umanità le tribolazioni vissute dalla popolazione civile irachena, soggetta all'embargo ed alle bombe americane. Ho intrapreso quest'iniziativa incoraggiato dalla Benedizione del Papa, inviatami attraverso una lettera della Segreteria di Stato del Vaticano, e dall'appoggio di Romano Prodi, in veste di Presidente della Commissione Europea. Devo, inoltre, sentitamente ringraziare la Power Technology di Salerno, che ha pagato le spese del viaggio a tutto il mio staff, composto da 12 persone. Un ringraziamento particolare va anche a Nabila al Shalan, ambasciatrice siriana a Roma, che ha caldeggiato questo progetto, in onore della quale ho fatto una tappa da Damasco a Quneitra, città rasa al suolo dagli israeliani nel '74. Mi ha sostenuto anche il Comune di Cava, che mi ha dato l'incarico di gettare le basi - precisa l'arch. Lambiase - per un gemellaggio con la città di Palmira, sito archeologico di fama mondiale".

Molto interessante sarebbe conoscere, al di là delle notizie fornite dai media, la reale situazione esistente in Iraq: "Certo, abbiamo avuto modo di constatare aspetti davvero raccapriccianti - risponde il nostro interlocutore - ma tutto sommato ho avuto la sensazione che quello iracheno è un popolo che ha voglia di riscattarsi con le proprie forze, senza aver bisogno di alcuna elemosina a livello mondiale. L'embargo: è questa la principale nota dolente, anche perché colpisce soprattutto la povera gente, provocando oltre 4000 vittime al mese. Senza l'embargo sono sicuro che l'Iraq sarebbe in grado di camminare da solo. Bagdad, del resto, si è rivelata una città molto dinamica, nella quale non esistono più i segni e le tracce della guerra. Hanno ricostruito tutto, con notevoli infrastrutture a livello di attrezzature urbane. Tutto ciò ti fa capire che esiste un potenziale enorme, che va solo liberato dal giogo dell'embargo. Ho percepito tanta gioia e voglia di rinascere, quella stessa che ho colto nei sorrisi dei bambini presenti nelle scuole ed in un orfanatrofio che abbiamo visitato. Ambiente, quest'ultimo, nel quale i bimbi erano accuditi amorevolmente e trattati senza discriminazione alcuna. Basti pensare che hanno rifiutato qualsiasi discorso relativo alle adozioni a distanza, in quanto ciò andrebbe a privilegiare solo pochi tra i bambini presenti. Aiuti concreti: di questo avrebbero certamente bisogno. Molto interessante, da questo punto di vista, sarebbe una sorta di gemellaggio con le nostre scuole elementari, con i nostri bambini che potrebbero mandare ai coetanei iracheni oggetti di uso quotidiano. Ciò servirebbe anche come forma di educazione - riflette Emilio Lambiase - a non sperperare risorse di cui altri, più sfortunati di noi, sono privi".

Ma andiamo a ripercorrere le esperienze ed i momenti più significativi di questo tour: a raccontarceli è sempre il protagonista di tale iniziativa. "Senza dubbio il ricordo più negativo è legato alla caduta avvenuta nel corso della tappa da Damasco a Bagdad, in seguito alla quale ho riportato la frattura alla clavicola. Medicato nel più vicino ospedale, ho deciso di concludere comunque la tappa, sollecitando, così, più del dovuto la spalla, con la conseguenza di rendere scomposta la frattura. Evento, questo, che mi ha obbligato a percorrere solo il tratto iniziale e quello finale delle tappe successive. Ma ciò non ha tolto nulla all'impresa, anzi, se possibile, l'ha rafforzata. Per la mentalità irachena, infatti, il massimo che un soldato possa dare alla patria si verifica quando, pur ferito, combatte ancora. Continuare, quindi, ad andare in bicicletta, nonostante il dolore e la frattura, è stato per loro un gesto degno di grande ammirazione. E mi hanno ricompensato alla grande: al passaggio della frontiera verso l'Iraq, infatti, siamo stati accolti da oltre un centinaio di persone festanti e siamo stati scortati, oltre che dalla squadra ciclistica nazionale, da una serie di mezzi messi a nostra disposizione dalle autorità irachene, che ci hanno offerto tutto il soggiorno sul loro territorio. Un momento davvero toccante per me e per tutto il mio staff, al quale sono seguiti altri ancora più emozionanti, anche se, purtroppo, in un'ottica differente. Come quando abbiamo visitato degli ospedali con bambini leucemici, ridotti in tale stato dalle testate nucleari americane con uranio impoverito. Bel modo hanno trovato gli statunitensi di disfarsi di questi rifiuti tossici! O ancora, come quando abbiamo visto un rifugio antiatomico bombardato dagli americani, nel quale hanno trovato la morte oltre 400 civili. Pensate, subito dopo l'esplosione si è raggiunta una temperatura di quasi 400 gradi; non è stato possibile ricomporre nessun cadavere. Sulle pareti c'erano ancora le impronte delle mani e dei volti: che strazio! Gli americani si sono scusati affermando che ritenevano si trattasse di militari... Li definiscono interventi chirurgici: beh, se questi sono i risultati, allora per me più che chirurghi - afferma amaramente Emilio Lambiase - sono dei macellai".

Davvero arduo riprendersi dall'emozione di questo racconto: sono sensazioni che possono essere testimoniate solo da chi le ha vissute in prima persona. Emilio Lambiase lo ha fatto; un atleta, anzi un uomo che ha trasformato la sua amica inseparabile, la bicicletta, in uno strumento di pace e di solidarietà. E nuovi scenari già si profilano per il nostro "indomito" protagonista: la Libia di Gheddafi, altro esempio di resistenza all'egemonia americana. Ovunque ci sia l'esigenza di testimoniare storture e sofferenze all'orizzonte apparirà una sagoma familiare: quella di una bicicletta, guidata da un uomo che non si rassegna ad accettare le ingiustizie...

Fonte: Il Portico

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