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Alluvione, 1914, Costiera Amalfitana, Anniversario

Quella tragedia in Costiera di 114 anni fa, nei ricordi di Sigismondo Nastri

La situazione fu così grave da portare l’allora Re Vittorio Emanuele III a recarsi, nei giorni appena successivi, sui luoghi del disastro, a disposizione dei quali mise la somma di 50mila lire per i soccorsi più urgenti

Inserito da (Admin), martedì 22 ottobre 2024 17:47:31

di Sigismondo Nastri -

Il 24 ottobre 1910 un violento nubifragio seminò lutti e rovine in Costiera: soprattutto a Cetara (111 morti!) e a Maiori (fu devastato il rione Casa Imperato - dove abito - dalla furia del torrente Lama: venti, le vittime), Minori (3 morti).

Ebbi modo di rievocare quell'evento in un convegno svoltosi a Maiori, palazzo Mezzacapo, nella ricorrenza del centenario.

Per avere un'idea di quello che successe basta leggere qualche cronaca dell'epoca. Come questa, riferita ad Amalfi, che neppure fu risparmiata dal terribile uragano: «mentre più rombavano le frane, seppellendo orti e gualchiere, il torrente ha invaso le strade, allagandone tutte le case e si è precipitato nel paese dall'unica uscita che gli si offriva, l'oscuro androne a volta che vi è di fianco. Sotto questo androne si aprono delle porte di magazzini dove erano depositati tutti i prodotti delle prossime cartiere. La furia dell'uragano ha sfondato le porte, ha allagato i magazzini, ha distrutto tutto, ha sprofondato i pavimenti, ha abbattuto i muri, ha ammucchiato dovunque due o tre metri di fango, di sassi, di sterpi, di tronchi. Il segno del torrente melmoso è palese sino alla sommità dell'arco, sotto cui non si passa tale è l'ingombro depositatovi dal torrente. Si sprofonda nel fango, si inciampa nei tronchi, si urta il capo nella volta. Dagli orti vicini masse di fango hanno invaso i piani superiori delle case, hanno travolto e sotterrato il mobilio, sfondato i soffitti. La gente ha fatto a tempo a fuggire. Sola una donna, una vecchia paralitica, è rimasta affogata nel fango, nel suo letto, in fondo ad una vecchia bottega. E più si prosegue, più la strage continua: brutale, feroce, sconcia, come una profanazione. Strage di tranquilli verzieri, di giardinetti malinconici, di vecchi muri, oscuri, scrostati, rivestiti di tremule verdure umide: la distruzione più su di interi caseggiati, che dalle squarciature delle muraglie e dai buchi oscuri delle porte scardinate mostrano lo strazio interno, grandi stanzoni di fabbriche di carta dove tra le pile di pacchi fangosi, i vecchi torchi pare alzino le lunghe braccia in gesti disperati».

Altrettanto drammatico il racconto di un testimone, l'ingegnere Santolo Camera: «La piccola piazza del Duomo era invasa da gente che gridava correndo in tutte le direzioni, sbucante da tutti i caratteristici vicoletti. I più correvano verso la spiaggia quasi a trovarvi scampo, altri si rifugiavano nella vasta cattedrale per implorare aiuto da S. Andrea, il venerato patrono degli amalfitani. Ma a misura che l'uragano cresceva d'intensità quei pochi che in quell'ora triste seppero conservare un po' di calma, intuirono l'altro immenso pericolo che minacciava Amalfi. Corsero a ‘Porta Ospedale' e s'avvidero che il ‘Canneto', essendosi ostruito il grosso condotto sotterraneo, che conduce il torrente attraverso la città fino al mare, per l'enorme quantità di macigni, di alberi, di sterpi, di terra, trascinati dalla furia delle acque e delle frane, minacciava di straripare e d'invadere l'abitato... Le strade, le casette laterali, la piazza del Duomo furono spazzate in un baleno e la fiumana fangosa avanzandosi terribile come un'onda di mare in tempesta, agitando nei suoi vortici enormi tronchi d'albero, trascinando con enorme fracasso ciottoli, piante di agrumi, tavole, suppellettili, avanzi di case, di opifici, di giardini distrutti, allagò botteghe colmandole di terriccio, sfondò porte e soffitti, divelse muri, fece crollare delle volte, ovunque arrecando danni incalcolabili, fra l'incessante scrosciare della pioggia, fra il fragor dei tuoni e l'urlo disperato della gente...»

Ecco una chicca, a complemento del ricordo di quel disastroso evento. Tre anni dopo, il 24-25 ottobre 1913, il periodico La Frusta scrisse: «Oggi, 24 ottobre, ricorre il terzo anniversario del terribile nubifragio, che distrusse vite e sostanze nei paesi della ridente Costiera Amalfitana. [...] È doloroso constatarlo. Le cose oggi sono al punto in cui erano tre anni fa. [...] Di chi la colpa di questo abbandono? Non del Governo certamente [...] ma del rappresentante politico del Collegio di Amalfi - l'on. De Cesare - il quale, preso dalla briacatura del medaglino piovutogli sul panciotto per una strana anomala condizione morale in cui si trovò il Collegio, non si rese, come altri fece, diligente a segno, da far tradurre in atto i benefici provvedimenti votati dal Parlamento italiano».

Nulla di nuovo sotto il sole, insomma. Il problema della messa in sicurezza di un territorio, dove ogni allerta meteo semina panico, è ancora all'ordine del giorno. Ce ne siamo accorti proprio in questi ultimi giorni, caratterizzati da cattivo tempo.

Fonte: Il Vescovado

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